La Donazione

Che cosa è la donazione

La donazione è il contratto disciplinato dall’art. 769 del codice civile con il quale, per spirito di liberalità, una parte, detta donante, arricchisce l’altra, detta donatario, disponendo a favore di questa di un bene patrimoniale o di un suo diritto. Si può parlare di donazione anche quando il donante assume verso il donatario un’obbligazione.

Chiarendo il concetto della norma civilistica, la donazione è quindi un contratto attraverso il quale una parte (donante) ne arricchisce un’altra (donatario) attraverso  un bene, che può essere di qualsiasi tipo, mobile o immobile, fatta eccezione per i beni altrui o futuri.

Possiamo affermare, quindi, che gli elementi essenziali della donazione sono due:

1) lo spirito di liberalità del donante;

2) l’arricchimento del donatario.

Concentrando l’attenzione sui beni immobili, la donazione è dunque una delle modalità attraverso le quali un individuo può diventare proprietario di un’abitazione.

L’oggetto della donazione

La donazione può comprendere tutti i beni del donante, mentre se ha ad oggetto beni futuri, secondo l’art. 771 c.c., è nulla rispetto solo a questi ultimi.

Infatti quando l’atto comprende beni presenti e futuri, la nullità colpirà solamente la parte relativa a questi ultimi e non tutto l’atto. Quando le donazioni hanno ad oggetto una universalità di cose, di cui il donante conservi il godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, a meno che dall’atto risulti una diversa volontà.

Causa e motivi della donazione

Nella donazione, la causa è costituita dalla spontanea volontà del donante  di arricchire l’altra parte contrattuale, senza corrispettivo, con il conseguente proprio impoverimento. La causa della donazione, analogamente agli altri contratti, non si identifica con il motivo, ovvero la ragione per cui si decide di donare.

Tuttavia, attesa la gratuità del negozio e l’incidenza negativa dello stesso sul patrimonio del donante, nella donazione viene riconosciuto eccezionalmente rilievo ai motivi del donante: così, ove risulti dall’atto di donazione e sia il solo che ha determinato il donante a compiere la liberalità, l’errore sul motivo, sia di fatto o di diritto, e il motivo illecito, possono portare all’invalidità della donazione (art. 787, 788 c.c.).

Chi può donare e chi può ricevere la donazione: vediamo di seguito i soggetti coinvolti

Per poter effettuare una donazione, il soggetto donante, con riferimento all’art. 774 c.c., deve avere i seguenti requisiti:

  • Avere piena capacità di disporre del bene oggetto di donazione, intendendo, pertanto, con tale espressione la capacità di agire,ovvero detenerne tutti i diritti di proprietà: per questa ragione non è possibile donare beni altrui o futuri, e poter compiere atti che comportano un mutamento della consistenza del patrimonio, capacità che si raggiunge solitamente col compimento della maggiore età;
  • Essere pienamente capace di intendere e di volere al momento della sottoscrizione dell’atto di donazione.
  • Come diretta conseguenza del punto precedente, non possono donare gli interdetti, gli inabilitati e gli incapaci naturali.

Se questi requisiti non vengono rispettati, la donazione può essere annullata su richiesta del donante o dei suoi eredi. È possibile un’eccezione per le donazioni da parte di un minore o di un inabilitato nel caso in cui queste vengano fatte all’interno di un contratto di matrimonio, purché queste vengano effettuate con l’assistenza di chi esercita la potestà, la tutela o la curatela dei soggetti sopra.

Anche le persone giuridiche, quindi tutti quegli enti resi soggetti di diritto dall’ordinamento, possono effettuare una donazione, purché questo sia previsto nello statuto o nell’atto costitutivo delle stesse.

In merito, invece, alla capacità di ricevere, il codice, in deroga alla disciplina generale sulla capacità giuridica, analogamente alle disposizioni per il testamento, statuisce che la donazione può essere fatta anche ai nascituri, pur se non ancora concepiti (art. 784 c.c.). In tal caso, l’accettazione viene fatta dai futuri genitori secondo le regole dettate dagli art. 320 ed 321 c.c. e i beni vengono amministrati dal donante o dai suoi eredi, salvo diversa disposizione.

La legge consente anche alle persone giuridiche di riceverle (al riguardo non è più richiesta l’autorizzazione amministrativa all’accettazione, né la presentazione dell’istanza di riconoscimento per gli enti non riconosciuti).

La donazione è atto personale che non ammette, quindi, rappresentanza, salvo la possibilità, per il solo donante, di una procura speciale attraverso la quale conferire a un terzo l’incarico di designare il donatario tra una categoria di soggetti (persone fisiche o giuridiche) o di cose indicate dallo stesso (art. 778 c.c.).

Riepilogando per quanto riguarda il beneficiario della donazione  (donatario), questo può essere costituito sia da persone fisiche che da associazioni. In caso di donazione a un privato cittadino, esiste un unico limite per quanto riguarda il soggetto che può diventare donatario, posto dall’articolo 779 del codice Civile, che afferma che è nulla la donazione a favore del tutore o del protutore.

Come si costituisce

Elemento essenziale della donazione è la forma: infatti, essa deve essere conclusa per atto pubblico alla presenza di due testimoni; pertanto, l’intervento del notaio è necessario al fine di disporre dei propri beni a titolo di donazione.

La necessità dell’atto pubblico si giustifica con l’importanza dell’atto di donazione e per gli effetti sul patrimonio del donante che deve essere, oltre che capace d’intendere di volere, pienamente consapevole dell’atto che sta facendo e di tutte le conseguenze che ne derivano.

Fatta eccezione per quelle di modico valore di cui all’art. 783 c.c. per la cui validità è sufficiente la tradizione del bene, è necessaria, quindi, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico. Pertanto,nel caso in cui si intenda effettuare una donazione di un immobile ad uso abitativo, gli obblighi da rispettare da parte del donante sono i seguenti:

  • Far redigere il contratto di donazione nella forma di atto pubblico da un notaio in presenza di due testimoni poiché la forma dello stesso è un elemento essenziale ai fini del perfezionamento del contratto stesso;
  • Il notaio incaricato di redigere l’atto deve effettuare alcune verifiche preliminari sull’immobile (visure catastali e visure ipotecarie) al fine di identificare con precisione il bene oggetto di donazione;
  • Una volta che l’atto pubblico è stato stipulato, il notaio deve provvedere alla registrazione del contratto e alla trascrizione dello stesso;
  • L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante. Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.

N.B. Se la donazione riguarda cose mobili, l’art. 782 richiede che – nello stesso atto o in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio – le stesse siano specificate e ne sia indicato il valore. Ciò a pena di invalidità della donazione per la parte relativa alle cose non specificate e valutate.

Effetti della Donazione

La donazione è uno strumento idoneo a soddisfare molteplici interessi. Infatti, è possibile inserire apposite clausole “condizionioneri ” per soddisfare alcune specifiche esigenze (per esempio, ti dono questa casa con l’onere di prestarmi assistenza fino alla morte ).

Assai comune è la donazione di un immobile con riserva di usufrutto a vantaggio del donante: ciò significa che il donante si spoglia anticipatamente della proprietà del bene trattenendo per sé l’usufrutto, che si estinguerà automaticamente al momento della morte (o al termine stabilito); il donante che si è riservato l’usufrutto avrà il godimento del bene (per esempio, potrà viverci o riscuotere eventualmente l’affitto) ma ne sopporterà anche le spese ordinarie e le eventuali imposte.

Oltre agli elementi essenziali elencati, analogamente agli altri contratti, anche per la donazione trovano applicazione gli elementi accidentali della condizione, del termine e del modo.

In particolare, la condizione può essere risolutiva ,come nel caso della condizione di reversibilità ex art. 791 c.c. che stabilisce il ritorno dei beni al donante in caso di premorienza del donatario e sospensiva ,subordinando il prodursi dell’efficacia al verificarsi di un evento futuro, come nella fattispecie della condizione sospensiva mista della donazione obnuziale, subordinata al verificarsi del matrimonio.

Quanto al termine, sulla base dell’ordinaria disciplina in tema di contratti, il donante può apporre un termine iniziale (a partire dal quale la donazione avrà efficacia) o finale (fino al quale la donazione avrà efficacia).

La donazione, infine, può essere gravata da un onere o modo (c.d. “donazione modale“) a carico del donatario, il quale, tuttavia ex art. 793 c.c., non è tenuto al suo adempimento oltre i limiti del valore della cosa donata. In caso di onere illecito o impossibile, lo stesso si intende come non apposto, rendendo tuttavia nulla la donazione laddove abbia costituito il solo motivo determinante.

L’inadempimento del donante

L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla donazione è sottoposto, data la natura gratuita dell’atto, ad una disciplina meno rigorosa di quella che vige per ogni altro contratto: la sua responsabilità è limitata all’ipotesi di dolo o colpa grave (art. 789 c.c.).In particolare, la garanzia per evizione è dovuta solo se il donante l’ha espressamente promessa, se dipende dal dolo o dal fatto personale a lui attribuibile ovvero, nei casi di donazione con oneri per il donatario o di donazione remuneratoria, è dovuta fino alla concorrenza dell’ammontare degli stessi oneri o dell’entità delle prestazioni ricevute dal donante (art. 797 c.c.).Quanto alla garanzia per vizi della cosa, salvo patto speciale, è dovuta solo se il donante sia in dolo (art.798 c.c.).

L’invalidità della donazione

In merito all’invalidità della donazione, oltre ai casi di annullabilità e nullità previsti, analogamente agli altri contratti, in conseguenza del mancato rispetto degli elementi essenziali e delle disposizioni espressamente sancite dal codice; donazione di cose future; ecc.), la disciplina presenta affinità con quella stabilita per il testamento, per esempio, nella rilevanza rivestita dall’errore sul motivo e dall’illiceità del motivo che rendono rispettivamente annullabile e nulla la donazione, se risultano dall’atto e siano i soli che hanno determinato il donante a compiere la liberalità (ex artt. 787 e 788 c.c.).

In ogni caso, da qualunque causa dipenda, la nullità della donazione ex art. 799 c.c. non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa del donante che, conoscendo la causa della nullità hanno, dopo la sua morte, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione.

La revoca della donazione

La donazione, come ogni contratto, può sciogliersi solo per le cause  tassative di natura etico-sociale previste dalla legge. In particolare, può essere revocata ai sensi dell’art. 800 c.c.:

  • per ingratitudine del donatario: cioè qualora il donatario abbia commesso atti particolarmente gravi nei confronti del donante o del suo patrimonio;
  • per sopravvenienza di figli: cioè qualora il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione;
  • La revoca non è ammessa per le donazioni obnuziali e quelle remuneratorie.

È attivabile su iniziativa unilaterale del donante che ha infatti il  diritto potestativo( ll diritto potestativo è la situazione giuridica soggettiva  che consiste nell’attribuzione di un potere  a un soggetto  allo scopo di tutelare un suo interesse) di togliere efficacia alla donazione nei casi da essa previsti, non occorre alcuna dichiarazione del donatario.

Diverso è il caso dell’azione revocatoria, la quale richiede la frode ai creditori, i quali sono i soli legittimati ad agire. La sentenza che pronuncia la revocazione condanna il donatario alla restituzione dei beni: non pregiudica i terzi che hanno acquistato diritti sulla cosa donata prima della proposizione della domanda, fatti salvi gli effetti della trascrizione della domanda stessa.

Fate attenzione alla donazione fatta a legittimari del donante è considerata dalla legge un anticipo di eredità: ciò significa che, al momento della morte del donante, essa dovrà essere imputata alla quota riservata.

Tutela degli eredi legittimari

Proprio con riferimento ai rapporti tra la donazione e la futura successione del donante, occorre sapere che la donazione è un atto “a rischio”, che può pregiudicare la successiva circolazione dei beni donati o l’ottenimento di un finanziamento garantito dal bene donato.

La legge, infatti, tutela alcune categorie di familiari (legittimari), riservando agli stessi una quota di eredità (legittima)  anche contro una volontà del defunto espressa in una donazione. Questi soggetti sono i discendenti (figli e nipoti), gli ascendenti (genitori, nonni, e così via) e il coniuge: se le donazioni, pur sempre valide ed efficaci, al momento della morte del donante dovessero risultare, dopo calcoli molto complicati, lesive dei diritti di un legittimario, questo potrà agire in giudizio per renderle inefficaci (azione di riduzione).

La tutela del legittimario, inoltre, può coinvolgere anche terzi che abbiano acquistato diritti dal donatario, comprese le banche che per la concessione di un mutuo abbiano ricevuto in garanzia un immobile oggetto di donazione. Infatti, qualora il donatario non abbia beni sufficienti per soddisfare le eventuali pretese del legittimario, si potrà chiedere la restituzione del bene all’acquirente stesso (azione di restituzione), il quale avrà la facoltà di liberarsi con il versamento di una somma corrispondente.

È bene precisare che i legittimari non possono rinunciare al loro diritto di agire in giudizio, finché colui della cui eredità si tratta è ancora in vita, neanche prestando il loro assenso alla donazione; solo quando il donante sarà morto, potranno prestare acquiescenza alla donazione compiuta.

In questo articolo cercheremo di restare concentrati e comprendere come funziona la donazione di un immobile, quindi vedremo quali sono gli adempimenti da rispettare, quali sono le imposte sugli immobili donati e chi è tenuto a versarle.

Costi : imposte a carico del beneficiario

Nonostante consista nel trasferimento a titolo gratuito, la donazione di un immobile comporta l’obbligo di versamento di alcune imposte all’Agenzia delle Entrate. Queste sono tutte a carico del donatario, ovvero di colui che beneficia del bene, e sono nello specifico:

  • Imposta di donazione;
  • Imposta di registro;
  • Imposta ipotecaria;
  • Imposta catastale;

Vediamole una per una nello specifico, facendo attenzione ai casi in cui il pagamento delle stesse non è dovuto qualora si verifichino determinate condizioni.

Imposta di donazione

Il pagamento o meno di tale imposta viene determinato in base a delle franchigie ben precise, che coincidono con quelle stabilite per le successioni e che variano a seconda del rapporto che intercorre tra i due soggetti sottoscriventi. Questo significa che se il valore dell’immobile donato è inferiore alla franchigia determinata per ciascun caso, l’imposta non è dovuta.

Le imposte e le franchigie previste dalla legge sono le seguenti:

  • Donazione di un immobile a un figlio, al coniuge o ai genitori: 4% di imposta sul valore dell’immobile, da versare se questo supera la cifra di 1.000.000 (un milione) di euro;
  • Donazione di un immobile a fratelli e sorelle: 6% di imposta sul valore dell’immobile, quando questo supera la cifra di 100.000 ( centomila) euro;
  • Donazione di un immobile a parenti fino al quarto grado in linea retta(cugini): 6% di imposta sul valore dell’immobile, qualsiasi esso sia;
  • Donazione di un immobile a parenti affini in linea collaterale fino al terzo grado (figli di fratelli e sorelle): 6% di imposta sul valore dell’immobile, qualsiasi esso sia;
  • Donazione di un immobile a un qualsiasi altro soggetto  escluso dai casi citati sopra: 8% di imposta sul valore dell’immobile, qualsiasi esso sia;
  • Donazione di un immobile a persona cui è riconosciuta un’invalidità: anche se non intercorre nessun legame di parentela con il soggetto invalido, l’imposta da versare sarà dell’8%, ma solo nei casi in cui il valore dell’immobile superi la cifra di 1.500.000 ( un milionecinquecentomila) euro.

Imposta di registro

Normalmente il suo ammontare è pari a 200 euro, ma la legge stabilisce che questa spesa non deve essere sostenuta quando il valore dell’immobile sia inferiore alla franchigia determinata per ciascuno dei casi descritti al punto precedente.

Imposta ipotecaria

Nello specifico caso della donazione di un immobile va versata anche l’imposta ipotecaria, pari al 2% del valore dell’immobile.

Imposta catastale

Anche questa imposta è strettamente legata alla donazione dell’immobile e ammonta in quasi tutti i casi all’1% del valore dell’immobile. Fanno eccezione quegli immobili che rientrano nei requisiti “prima casa”: in questo caso l’imposta è determinata nella misura fissa di 50 euro.

Tutte le imposte sopra descritte sono da versare al notaio al momento della sottoscrizione dell’atto, il quale provvederà poi al pagamento effettivo presso l’Agenzia delle Entrate.

In considerazione della complessità dei problemi che possono nascere da una donazione è opportuno farsi consigliare da un professionista esperto che potrà indicare le soluzioni giuridiche che possano evitare futuri, dolorosi contenziosi familiari e rilevanti problemi di commerciabilità dei beni donati. Il professionista ha un ruolo centrale al fine di pianificare gli assetti futuri della famiglia con professionalità, serenità e consapevolezza.

Tu Cosa ne pensi delle Donazioni ?                                                                                                                   

L’articolo ti è stato utile?                                                                                                                           

 L’hai trovato interessante?                                                                                                               

 Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 

 Elena & Nicola

Due Diligence Immobiliare: cos’è e consigli su come si redige in modo professionale.

La diffusione del quesito come fare una diligence immobiliare”  dimostra come anche in Italia stia prendendo piede un nuovo modo di considerare le trattative immobiliari.

Una metodologia, questa, moderna e professionale, che secondo diversi esperti, e anche secondo me non tarderà a “mandare in pensione” decine di Agenti e valutatori immobiliari improvvisati.

Anche in rete basta una semplice ricerca sulle query di Google e vi renderete conto come l’argomento sia diffusamente trattato ed argomentato.

Ma prima di definire come si redige una Due Diligence immobiliare, proviamo  a definire di cosa si tratta!

Con l’espressione inglese Due Diligence (letteralmente “diligenza dovuta”) si intende, in generale,  un’attività d’indagine e di approfondimento che, se applicata al settore immobiliare, consiste nell’analisi delle caratteristiche di un immobile.

La Due Diligence Immobiliare, in poche parole, consiste in  una attività di verifica tecnica che mira a realizzare una valutazione dell’immobile tenendo in considerazione le caratteristiche edili -strutturali, urbanistico – catastali, ambientali, impiantistica , grado di conservazione e  manutenzione.

Essa risulta estremamente importante nell’ambito delle operazioni di compravendita immobiliare laddove, gli investitori, necessitano della certezza che i beni acquistati siano conformi alle norme vigenti e ai requisiti di destinazione.

Il processo prevede, quindi, l’analisi delle condizioni di un bene, oggetto di una potenziale transazione prima che il relativo passaggio di proprietà, o il trasferimento di diritti o obbligazioni legati al bene, vengano formalizzati in un contratto e resi esecutivi.

 

Appare evidente, pertanto, che l’obiettivo è la corretta gestione del patrimonio immobiliare o della singola unità immobiliare che si intende trasferire.

Lo scopo delle analisi svolte è principalmente quello di individuare i potenziali rischi legati alla transazione al fine di poterli gestire con efficacia tramite un’adeguata stesura del contratto e delle relative clausole di garanzia o limitazioni di responsabilità.

La sua principale finalità, evidentemente, può essere agevolmente identificata nella gestione del rischio contrattuale.

Accertata l’importanza della Due Diligence,  vediamo come si realizza e come si articola.  

Una corretta Due Diligence immobiliare necessita di una serie ben precisa di passaggi tecnici. Passaggi che se eseguiti correttamente, aiutano nella valutazione immobiliare dell’edificio,  possiamo dire che essa si articola in tre fasi:

  • Due Diligence legale-amministrativa;
  • Due Diligence tecnica;
  • Due Diligence sulla sicurezza.

Due Diligence legale-amministrativa

Questa permette una completa conoscenza dell’immobile e ne definisce il valore riguardo all’uso attuale e  potenziale, rispetto alla zona dove è collocato ed all’andamento del mercato di riferimento (residenziale, uffici, commerciale o industriale).

Due Diligence tecnica

Questa consiste nella rispondenza dell’immobile sotto il profilo strutturale ed impiantistico alla normativa di settore. La ricerca della documentazione che riguarda l’edificio è essenziale ed importantissima, infatti l’accuratezza della Due Diligence dipende direttamente dalla documentazione di cui si è in possesso.

Individua i vincoli che gravano eventualmente su di esso, verifica le criticità esistenti, tra cui l’accertamento della piena proprietà dell’immobile, dell’esistenza o meno di ipoteche, vincoli, servitù e tutto ciò che è connesso alle conformità urbanistiche e catastali.

La documentazione tecnico/amministrativa ai fini di una corretta Due Diligence può considerarsi esaustiva quando si è in possesso:

  • degli atti di acquisizione e titoli di provenienza;
  • delle visure e planimetrie catastali;
  • delle visure presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari;
  • dell’accertamento di esistenza di servitù attive o passive;

Dei documenti urbanistici:

  • certificato di destinazione urbanistica, norme tecniche di attuazione, ecc.;

Della documentazione edilizia:

  • titoli abilitativi – licenza, concessione, permesso a costruire, DIA, SCIA, condono edilizio, ecc. – certificato di abitabilità o di agibilità, atti d’obbligo, ecc.;
  • delle certificazioni degli impianti con conseguente verifica “a vista” dello stato di manutenzione;
  • Verifica Strutturale: la verifica tecnica-strutturale si basa sull’esame della documentazione progettuale, e su una verifica visiva per rilevare eventuali anomalie degli Immobili.

Due Diligence sulla sicurezza

  • esame di fattori di impatto ambientale, di rischio sismico e se sia stato rilasciato il certificato di prevenzione incendi.

In merito alla Due Diligence catastale si verificherà il corretto inserimento in mappa del fabbricato, la rispondenza tra lo stato di fatto e quanto rappresentato in planimetria catastale e la congruenza tra quanto riportato in visura e la documentazione relativa alla titolarità oltre che ad altre informazioni (esatto indirizzo, numero di piano ed’interno, ecc.).

Nella pratica estimativa la Due Diligence ha assunto, inoltre, particolare importanza nella valutazione immobiliare ai fini creditizi a seguito di Basilea II, che ha introdotto la necessità di inserire nella perizia la rispondenza dei beni ad una corretta commerciabilità, allo scopo di eliminare i rischi legati all’insolvibilità dei mutui.

Lo scopo di questa accurata ricerca è quello di effettuare un’analisi completa e di valutare il valore di un immobile sulla base di dati ed informazioni recapitati tramite una precisa procedura teorico-pratica. Si svolge infatti in occasione di compravendite, viene utilizzata dagli investitori istituzionali e precede la fase di acquisto di un immobile. É una vera raccolta dati che serve appunto a conoscere nel dettaglio lo storico dell’immobile, per essere così perfettamente informati sull’immobile che si intende acquistare e dunque sul suo valore.

Come si redige e come funziona

La valutazione Due Diligence Immobiliare essendo, come più volte ribadito, l’insieme di dati raccolti e provenienti da più fonti diverse, si redige approntando più valutazioni parallele, dividendole cioè in base alla tipologia di informazioni che occorre acquisire. L’insieme delle parti, sommate, offriranno un quadro chiaro e completo della condizione immobiliare e patrimoniale di un edificio. In questo modo, avremo le seguenti parti complementari (già prima evidenziate e sviluppate):

  • Due Diligence legale-amministrativa;
  • Due Diligence tecnica;
  • Due Diligence sulla sicurezza.

Naturalmente, come si può immaginare, non si tratta unicamente di richiedere ed incamerare dati e documenti, ma necessita anche di un controllo accurato mediante sopralluoghi atti a verificare sul campo la correttezza delle informazioni ricevute.

Inoltre, se dalle attività valutative emergono inesattezze e non corrispondenze tra i dati raccolti e lo stato di fatto, occorre procedere alle dovute comunicazioni con gli enti competenti e ad alle successive integrazioni.

Chi la redige?

Per redigere una valutazione immobilire Due Diligence non occorre semplicemente saper ottenere i documenti corretti e necessari, ma anche essere in grado di  incrociare i dati e soprattutto  interpretarli al fine di calcolare il più probabile valore dell’immobile.

Non è quindi un’operazione semplice vero?

Servono competenze teoriche e pratiche sull’analisi di dati molto diversi tra loro e tutti indispensabili. Servono, inoltre, competenze nel  saper valutare tramite sopralluoghi e rilievi.
Esistono infatti figure professionali specifiche che si occupano di questo tipo di indagine. Tecnici e professionisti come Architetti, Ingegneri, Geometri e Periti, insieme ad Agenti Immobiliari Specializzati.

Un corretto svolgimento di tutti i passaggi è, come si può ben capire, fondamentale per poter avere un quadro il più chiaro e completo possibile. Solo attraverso una serie coordinata di azioni è infatti possibile svolgere una valutazione professionale e proficua.

Speriamo di essere stati chiari e soprattutto che l’articolo vi possa essere utile. Per quelli più esigenti o che comunque devono gestire un patrimonio più cospicuo di un singolo immobile è consigliabile un contatto diretto per un approfondimento sul tema :

“IL PROCESSO DI DUE DILIGENCE PER LA GESTIONE E LA CESSIONE DEI BENI IMMOBILIARI ” .

E tu, cosa ne pensi della Due Deligence, l’articolo è di tuo interesse , ti è stato utile?  

Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee e/o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 

 Elena & Nicola

Conformità urbanistica degli immobili, ora la “dichiarazione” è obbligatoria ?

Il Notaio richiede la dichiarazione urbanistica di un tecnico per garantire maggiore sicurezza nelle transazioni immobiliari: realtà o fantascienza ?

Ieri, mentre trascorrevo una gradevole domenica in famiglia, ho ricevuto la chiamata di un mio parente. Dalla sua agitazione, sembrava fosse successo qualcosa di grave, in realtà, era solo preoccupato, poiché  il Notaio del suo acquirente (sta vendendo casa per acquistarne una più grande) gli ha chiesto una dichiarazione di conformità Urbanistica – Catastale.

Ora non è che vi voglio raccontare i fatti della mia famiglia, ma vediamo – attraverso le preoccupazioni del mio parente – cosa è successo e cosa probabilmente succederà in futuro.

Alla domanda “Come tutelare il cittadino nelle compravendite edilizie, garantendo la certezza della regolarità urbanistica-catastale e dell’agibilità dell’immobile”, la Regione Emilia Romagna, dove vive il mio parente, ha risposto con una delibera, diventata obbligatoria a partire dal 1 gennaio 2017 intesa a condividere  fra i tre  Ordini(geometri, notai e ingegneri) l’obiettivo primario della circolazione di immobili non abusivi,  attraverso la richiesta – in fase di vendita  – da parte di ciascun Notaio di una Dichiarazione di Conformità Catastale e Urbanistica redatta da un tecnico specializzato  il cui testo base è stato studiato e condiviso tra tutti.

Ma Noi siamo in Lombardia, cosa c’entriamo?

Per il momento niente, ma guardiamo in faccia la realtà: dal punto di vista operativo, la “Dichiarazione di Conformità Urbanistica e Catastale”, è un documento che risponde all’esigenza di tutelare il cittadino che acquista ed ha il Sacrosanto diritto ad acquistare bene.

Il cittadino che vende si trova a dover rendere in atto, pena nullità, dichiarazioni di contenuto tecnico, che non è in grado obiettivamente di rendere con competenza specifica. 

Infine, questa dichiarazione supporta il Notaio, posto a presidio della legalità, pur senza responsabilità,  della circolazione di immobili che siano necessariamente “regolari” sia sotto il profilo urbanistico, che sotto il profilo catastale e tutela anche gli agenti immobiliari , per legge responsabili, se immettono sul mercato immobili non conformi .

In questo modo, infatti, tutti i soggetti coinvolti nella filiera dei trasferimenti immobiliari avranno la certezza delle regolarità urbanistiche-catastali e delle agibilità dell’immobile. Non solo: allo Stato sarà assicurata una minore incidenza del contenzioso e delle procedure amministrative di sanatoria delle irregolarità.

In poche parole la Regione dell’ Emilia Romagna, con grande senso di responsabilità, ha fatto si che gli immobili compravenduti siano, a partire dal 1 gennaio 2017, in regola a piena tutela di chi acquista e spende i propri soldini; e di chi vende che potrebbe rendere dichiarazioni non veritiere, per carità in buona fede, ma che creerebbero tantissimi problemi e danni economici.

Secondo me, se tanto mi da tanto, sarà  necessario che tutti i Notai obblighino i venditori degli immobili ad incaricare un tecnico abilitato, al fine di redigere una dichiarazione di conformità urbanistico-edilizia, valida ad ogni effetto e ragione di legge da allegare a tutti i restanti documenti necessari per la stipula del rogito.

La conseguenza? Probabilmente in un prossimo futuro tutte le Regioni e gli Ordini interessati (Geometri, Ingegneri, Architetti, Notai) adotteranno la stessa delibera adottata dalla Regione Emilia Romagna.

Ma, analizziamo per gradi questa importante novità. Cosa significherà per il mercato italiano ed i suoi utenti?

La situazione e gli usi prima della Legge

L’Incarico di vendita più o meno recita così: “il VENDITORE Dichiara che: con riguardo alla Conformità dell’immobile alle norme edilizie e urbanistiche è a norma”;

La Proposta di acquisto : “Il VENDITORE ha dichiarato all’Agente Immobiliare che: con riguardo alle conformità dell’immobile alle norme Edilizie e Urbanistiche è a norma;

– Il Rogito: “Il VENDITORE ai sensi e per gli effetti dell’art. 40 della legge 28/02/1985 n. 47 e successive modifiche, dichiara che le opere di costruzione dell’immobile oggetto della presente vendita sono state iniziate in data anteriore al 1 settembre 1967 e che dopo tale data non è stata posta in essere alcuna modifica o trasformazione in contrasto con le normative urbanistiche vigenti” oppure, “il VENDITORE dichiara e garantisce che il bene è stato costruito in forza di regolare licenza di costruzione N. ………….. del……………., e che da allora non ha subito modifiche  tali da dover richiedere l’aggiornamento dei titoli edilizi”.

Così recitano -mediamente-  l’incarico, la proposta e il  rogito Notarile nel momento in cui viene menzionata la situazione urbanistica di un immobile e si basano su un principio fondamentale:
il venditore di un immobile deve garantire della cosa venduta
, sia sotto gli aspetti amministrativi, che tecnici. Non il Notaio o l’agenzia immobiliare come molti sono soliti affermare.

Certo il Notaio si assicura della situazione ipotecaria e delle trascrizioni anche grazie alla relazione ventennale ed a quella catastale ai fini dell’equità della rendita, ma, oggi, per tutelare l’acquirente, è necessario andare oltre.

Stesso dicasi per l’agenzia immobiliare, più è diligente meglio è; ma le vere obbligazioni in materia, salvo quanto previsto specificamente dal codice in materia di intermediazione, sono a carico del venditore.

Sulla diligenza o meno dell’Agenti Immobiliare ne parleremo a parte, vi garantisco che l’argomento è molto vasto e a molti miei colleghi non piacerà.

Chiaramente il problema è sempre esistito, per la parte riguardante la vera e propria materia urbanistica-edilizia. Infatti, per redigere un’accurata “due diligence” in materia, è necessario prima di tutto che un VERO Agente Immobiliare Abilitato o un tecnico abilitato provveda ad un preciso rilievo dello stato dei luoghi e che successivamente, le risultanze vengano confrontate con quanto depositato in Comune ed anche in Catasto. Da ciò, si evince, come tali attività abbiano anche risvolti in ordine fiscale come, per esempio, l’aggiornamento della rendita catastale.

Quanti di Voi hanno venduto o stanno vendendo casa e si sono imbattuti in un Agente Immobiliare che prima di mettere in vendita  l’immobile ha controllato in modo accurato: lo stato di fatto dell’immobile, le schede depositate in catasto, i disegni depositati in comune sui quali è stata concessa la licenza e, non in ultimo, se l’immobile è provvisto di agibilità ? Pochi, vero?

Fino ad oggi, quindi,  solo pochissimi Notai in Italia, o meglio solo in Emilia Romagna, hanno imposto una verifica di questo tipo, la maggior parte basandosi sulle dichiarazioni di conformità stipulate in atto pubblico e sottoscritte dallo stesso venditore dell’immobile senza ulteriori avvalli.

Ma se chi vende non ha le necessarie competenze e titoli in materia, come può accertare – lui stesso – la regolarità dell’immobile?

Proprio su questo punto il Notariato muove oggi passi molto importanti. La semplice dichiarazione del venditore, non essendo essa basata su effettive competenze, che ne sanciscono la validità in termini di Legge, non è più sufficiente.

Tale dichiarazione in atto pubblico deve essere avvallata da un tecnico abilitato: geometra, architetto, ingegnere, ecc.

Il Notaio, probabilmente in un prossimo futuro richiederà una “dichiarazione di conformità urbanistica” di un tecnico. Presumibilmente si sta valutando la necessità di svolgere una vera e propria “due diligence”(di cui parleremo in modo più approfondito più avanti), che descriva nel modo più preciso possibile la situazione urbanistica ed edilizia dell’immobile in corso di cessione, e le eventuali difformità dallo stato legittimo e da quello catastale.

Chi dovrà farla e chi si dovrà assumere l’onere?

Il principio di base non è variato: E’ il venditore che deve garantire della cosa che vende e per questo, è a suo carico la cura e la spesa per la redazione della due diligence con l’unica differenza che: se prima solo pochissimi utenti in Italia provvedevano ai giusti controlli, ora il Notaio, se la normativa verrà estesa, richiederà  dichiarazione urbanistica di un tecnico.

Di certo,  siamo di fronte ad un’ulteriore spesa generale sulla transazione.
E’ vero, questo non favorirà la velocità di scambio – fattore assolutamente non trascurabile – però sarà sicuramente superato dal notevole aumento di tutela per le parti.

Ed infine, il mercato vedrà una grandissima riduzione dei contenziosi legali derivati da inadempienze contrattuali in ambito di compravendite immobiliari.

Una nota anche sulle Agenzie Immobiliari

Tenete presente che per redigere correttamente la dichiarazione servirà oltre un mese, a seconda del tempo impiegato dal Comune per fornire le copie dello stato legittimo dell’immobile.

Quindi, per assicurarvi di rispettare la tabella di marcia della vostra operazione immobiliare, assicuratevi che l’agenzia immobiliare sia già in possesso (o in attesa) della pratica già avviata, e della dichiarazione di conformità urbanistica dell’immobile che volete comprare.

Se invece lo state vendendo, provvedete a convocare il tecnico quando firmate l’incarico di vendita.

Chiaramente a scanso di equivoci vi dico: oggi in Lombardia il Notaio non richiede il “ certificato di conformità urbanistica, ma ciò non toglie che tu come Acquirente lo possa richiedere, in caso di acquisto di un immobile.  Non essendo obbligatorio, un po’ come l’agibilità, lo dovrai richiedere ed ottenere prima di versare a qualsiasi titoli i tuoi soldini o quantomeno  ti impegni ad acquistare a condizione che ti venga rilasciato il certificato di conformità urbanistico. Per questo, dovrai inserire una clausola  condizionale, come si fa quando c’è una richiesta di mutuo.

E tu, cosa ne pensi del certificato di conformità urbanistica, l’articolo è di tuo interesse , ti è stato utile?  

 

Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee e/o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 

 Elena & Nicola

Il mercato Immobiliare sta rallentando ?

La domanda che mi viene rivolta più di frequente è se e quando i prezzi delle case torneranno a salire. Le persone che stanno cercando di vendere casa sperano in una ripresa dei prezzi a brevissimo, ma la realtà – come al solito – è ben diversa.

Nella maggior parte dei casi: né i proprietari di casa né gli agenti immobiliari, sanno il perché non ci sarà una ripresa dei prezzi a breve, e non sanno nemmeno quanto durerà questa decrescita dei valori immobiliari.

Se a te interessa sapere quale sarà il futuro prossimo del mercato immobiliare residenziale, continua a leggere questo articolo.

Ti dico subito che non ho la sfera di cristallo e non uso formule magiche. Non prevedo il futuro e non ho la verità in tasca, ma me la cavo discretamente nell’analizzare i dati del mercato immobiliare in cui opero da 38 anni.

Il settore immobiliare, come ben noto, è stato fortemente penalizzato dalla crisi dei mercati finanziari a partire dal 2007/2008. Lo scandalo dei mutui sub-prime negli USA ha rappresentato l’elemento chiave per una crisi in un settore che deve ancora stabilizzarsi.

Il 2017, appena trascorso (come gli anni 2014, 2015, 2016), è stato un altro anno complicato che ha smentito previsioni e disatteso speranze: doveva esserci la ripresa, ma si è avuta una  flessione; doveva stemperare l’incertezza, ma timori e prudenza hanno continuato a dominare gli operatori; doveva fornire qualche indicazione di prospettiva su dove si dirigono Italia ed Europa, ma i punti interrogativi sono ancora lì, sostanzialmente inalterati.

Abbiamo attraversato un periodo difficile e le prospettive non sono ancora chiare. E’ bene guardare in faccia la realtà; approfondirne l’analisi con rigore, per capire dove veramente si va.
Questo è quello che , insieme al mio Team, abbiamo cercato di fare con questo articolo.

Buona lettura!

Cerchiamo di capire, quindi, quali saranno le previsioni del mercato immobiliare per il 2018 e se investire in immobili sarà un buon affare.

Le previsioni, secondo un rapporto  dell’Osservatorio sul Mercato Immobiliare di novembre 2017 indica,  come il numero delle transazioni nel mercato immobiliare, riferite al triennio 2016/2018, sia in una fase di crescita moderata.

In questa fase di congiuntura economica, si registra una situazione di bassi tassi di interesse relativi ai mutui: gli istituti di credito, offrono  tassi super vantaggiosi e questi sono indice di un mercato che ha voglia di riprendersi. Nonostante le tensioni sui mercati finanziari, a livello politico nazionale ed internazionale, l’anno  2018 rappresenta, potenzialmente, il momento giusto affinché gli italiani possano continuare a cambiare casa.

Ma prima di andare avanti, con l’analisi futura ,vediamo cosa è successo in passato:

Come si può osservare dal grafico sottostante, nel 2016, il mercato immobiliare delle abitazioni, dopo la lunga e ripida discesa osservata dal 2007, sembra essere tornato su un sentiero di crescita: confermando e superando il dato positivo dell’anno precedente. Le unità abitative compravendute, in termini di NTN (= numero transazioni normalizzate), raggiungono il livello di circa 534 mila.
Come si osserva dalla Figura 1, il mercato mostra livelli nuovamente superiori a quelli della fine degli anni ottanta.

Figura 1: abitazioni compravendute (NTN) in Italia 1985-2016

E, da come si  evince dal grafico  della figura 2, il dato del 2016, consolida e accelera il trend positivo riscontrato a partire già nel 2014; ma se la crescita considerevole rappresenta l’avvio di un nuovo ciclo o un dato meramente transitorio, è ancora presto per dirlo.

Figura 2: storico  di transazioni normalizzate dal 2000 al 2016

I fattori di crescita già presenti nel 2015, non spiegano, tuttavia, l’entità davvero ragguardevole del balzo in avanti intervenuto nel 2016 con il +18,9% di abitazioni acquistate rispetto al +6,5% del 2015. Un aumento per altro diffuso e generale lungo tutta la penisola, sia nei grandi che nei piccoli centri.

E’ possibile ricercare una spiegazione, del livello così elevato delle vendite  registrate nel 2016,  nel clima di fiducia delle famiglie, particolarmente cospicuo, per le ragioni di contesto che rappresentavano tangibilmente i primi passi di uscita dalla crisi.

Inoltre, è possibile che si sia manifestata la convinzione, che l’accoppiata: tassi di interesse così bassi e prezzi delle abitazioni in discesa, osservata nell’anno precedente, poteva non durare a lungo; in aggiunta, la presenza di numerose agevolazioni fiscali – connesse alla ristrutturazione di un immobile (poi prorogate anche nel 2017) – può aver influito positivamente sulle decisioni all’acquisto.

Il permanere, infine, di una certa volatilità nei rendimenti finanziari alternativi all’immobiliare e la riduzione delle performance dell’azionario, può aver indotto a scegliere l’asset immobiliare residenziale come una conveniente alternativa all’investimento.

Ma vediamo cosa è successo nel 2017.

I risultati dell’osservatorio sul mercato immobiliare di novembre 2017 indica che: il mercato immobiliare italiano si sta avvicinando al punto di svolta rilevabile nel dinamismo degli scambi, ma non ancora dei prezzi. L’euforia del 2016, sul fronte delle compravendite, lascia spazio a maggiore oculatezza nelle scelte.

Per l’Istituto Nomisma: “ le compravendite di abitazioni in Italia si attesteranno poco sotto le 545 mila; considerando come termine di paragone il 2006 – ultimo anno della fase espansiva – il mercato residenziale si è ridimensionato di circa il 36,6%, pari a oltre 300 mila contratti stipulati in meno”.

Nello specifico: “I 13 mercati monitorati riflettono il trend nazionale con un incremento del 5,7% nel 2017 (considerando gli ultimi 11 anni, il calo si attesta in questo caso al 20,4%); più pesante lo scotto per gli immobili per l’impresa (-45,6% al di sotto dei livelli pre-crisi).”


Passando alle locazioni, Nomisma rileva un crescente ottimismo da parte degli agenti interpellati; il settore è trainato dalla domanda di locazioni brevi (temporanee), da parte di lavoratori in mobilità sul territorio oltreché di giovani (per motivi formativi o esigenze lavorative).

L’offerta di immobili in vendita e locazione si conferma rilevante e ovunque in crescita.Considerando i valori immobiliari, la variazione percepita dagli operatori si sta progressivamente avvicinando alla variazione reale;

Figura 3: Andamento prezzi di mercato

Secondo il nostro parere: per effetto della pressione della domanda i prezzi sono ormai prossimi all’invarianza; per questo i cambiamenti registrati, potrebbero indurre la componente d’investimento,  ormai quasi scomparsa dal mercato al dettaglio, a riattivarsi.

Pare che il ritorno in territorio positivo della variazione dei prezzi, per ora circoscritto al solo ambito milanese, sia destinato ad ampliarsi conferendo ulteriore slancio alla ripresa.

Per quantificare la perdita di valore capitale degli immobili, fatto 100 il prezzo medio delle abitazioni nuove nel 2008, a fine 2017 tale valore è sceso a 77, con una flessione del 23%. (Milano con -17% );

rispetto agli uffici l’arretramento è giunto a 74, per un arretramento del 26% ;

in ultimo i negozi, la cui riduzione media è stata del 22%.

Considerando invece i tempi medi di vendita e locazione, si stima che occorrano in media 7 mesi per alienare un’abitazione e 3-4 mesi per affittarla; nonostante la riduzione in atto, i tempi medi di vendita, risultano essere tuttora più elevati di 1,5 mesi rispetto ai livelli pre-crisi.

Figura 4: Tempi di vendita

Passando al segmento di uffici e negozi, i tempi medi di assorbimento si attestano rispettivamente a 9 e 10 mesi, ossia nettamente sopra i minimi dello scorso decennio (3-4 mesi per gli uffici e 3-5 per i negozi).

Lo sconto praticato si presenta in media superiore di 3-4 punti percentuali, rispetto ai minimi pre-crisi; la contrazione dello sconto registrata nell’ultimo semestre: ha limitato la caduta dei prezzi che continua, tuttavia, ad essere alimentata dal ridimensionamento delle aspettative iniziali dei venditori.

Il mercato di Milano si presenta atipico rispetto al quadro appena tracciato, presentando un incremento dei prezzi in tutti i segmenti.

La ritrovata apertura degli Istituti di credito nei confronti del settore non è tanto basata sulla presunta capacità di copertura delle garanzie immobiliari, quanto su un’attenta valutazione delle effettive capacità di rimborso dei richiedenti.         

Il ritorno a una normalità allocativa è stato favorito dal processo di dismissione degli NPL (non performing loans), rivelatosi particolarmente intenso nel corso del 2017 .

Dunque: Possiamo parlare, finalmente, di ripresa delle compravendite degli immobili ? La crescita  è reale ?

Figura 5: abitazioni compravendute (NTN) in Milano e Provincia dal 2004 al 2016.

Il mercato immobiliare, a livello generale, ha chiuso l’anno 2017 con indicatori in aumento, e più che positivi. L’Agenzia delle Entrate ha rilevato, solo nei primi nove mesi dello scorso anno, un aumento di circa il 20% nelle transazioni immobiliari.

Le elaborazioni, compiute poi da Nomisma, stimano circa 518.000 transazioni, a conferma del trend positivo, con previsioni di rialzo per l’anno in corso attorno al 7%. Sempre Nomisma prevede per gli anni 2018-2019 una crescita delle transazioni, sebbene in maniera leggermente più ridotta, rispetto ai precedenti dati.

Possiamo affermare, quindi, che la ripresa delle compravendite di immobili c’è, ma sarà una ripresa lenta.

Questa è la situazione, che rende l’Italia lontana dal resto dell’Europa, dove i valori del mattone, hanno ormai imboccato una strada di crescita. L’Italia è l’unico Paese dove a metà dello scorso anno le quotazioni immobiliari, erano ancora in discesa*; contro un resto d’Europa che per i due terzi ha registrato aumenti di oltre il 5%.

*Prezzi delle case, nel terzo trimestre -0,8% su base annua.

Figura 6: vendite in Europa

Le cause della ripresa ritardata 

Quali sono i motivi strutturali e contingenti che pesano ancora sul mattone italiano?
Secondo il nostro modestissimo parere: in Italia vediamo andamenti diversificati con realtà come Milano, ma non solo, in cui c’è già dinamica moderatamente espansiva, e altre zone del Paese dove la flessione è ancora in atto.

Questo è l’effetto di un avvio di ripresa molto lento, che risente tuttora della debolezza di un decennio di crisi; dell’eccesso di offerta non ancora smaltito e del fatto che si è registrato un riprezzamento solo parziale dei valori. Abbiamo visto una certa difesa di valori, seppur fuori mercato, durante la crisi. Una rigidità che oggi scontiamo.

Stiamo  perdendo il  confronto con l’ Europa, perché i venditori non hanno voluto cedere, cercando di portare a casa valori insostenibili in base al quadro economico e alla situazione del settore. Ecco come mai – oggi –  viviamo un residuo di regressione, nonostante il ritorno della domanda e l’aumento delle compravendite. In altre Nazioni, come la Spagna, le quotazioni pesantemente ridimensionate per la crisi, hanno consentito al settore di ripartire prima che da noi.

Purtroppo cresciamo meno degli altri. Abbiamo una economia che avanza poco. Una disoccupazione molto alta. Una migrazione interna più bassa e costruiamo poco. Anche la tassazione elevata incide: è aumentata tantissimo in questi  anni di crisi e, di conseguenza, a fronte di queste motivazioni manca la spinta a comprare casa.

Il calo tendenziale dei prezzi delle abitazioni, si manifesta contestualmente a una crescita del numero di immobili residenziali compravenduti.

Le Prospettive sono abbastanza rosee per il mercato immobiliare nel 2018, ma la prudenza non è mai troppa. Si  prevede per l’anno appena iniziato, un lieve aumento dei valori nel settore immobiliare nazionale compreso tra 0 e +2%  e un incremento delle compravendite tra +2% e +4%. Questo, ammesso che l’oculatezza appresa durante la crisi, abbia insegnato a non lasciare spazio ad acquisti a prezzi oltre il reale valore di mercato.

Le compravendite immobiliari continuano a crescere, ma ad un ritmo minore rispetto al recente passato. La conferma arriva anche dall’Istat, che nel secondo trimestre del 2017 rileva una crescita su base annua del 2,7%. Prezzi delle case: cresce il nuovo, ancora lieve calo per l’usato.

L’anno 2018 è appena iniziato, ma già si colgono i segnali legati a mutui a tassi minimi.
I prezzi bassi ,legati alla lunga crisi immobiliare, han fatto si che  le compravendite – ogg i-  siano in  aumentano, segno di un interesse ritornato per il mercato immobiliare.

Il trend di crescita è  legato maggiormente, quindi, al calo dei prezzi, e da mutui che tornano ad essere erogati dopo il credit crunch bancario.

Figura 7: mutui dal 2006 al 2016

Dal 2007 circa, i prezzi sono scesi di quasi il 40%. Il comparto legato alla prima casa, e quello legato agli immobili come investimento, è in movimento. La città di Milano è segnalata come quella con più possibilità di recupero nel settore (prezzi in aumento con trend confermato per il 2018). La stima viene fatta con prezzi al ribasso anche per l’anno 2018 specie nell’hinterland/provincia.

Le  posizioni degli operatori del settore per l’anno in corso, non sono uniformi; alcuni fanno ancora una stima dei prezzi al ribasso, in quanto vi sono fattori legati: alla politica, alla stabilità, ed all’economia, che incidono sul campo.

In aggiunta,  per i giovani – l’acquisto di una prima casa – non è più un bisogno fondamentale. Le loro scelte sono influenzate dalla mobilità lavorativa.

Molti esperti, me compreso ed i miei collaboratori, concordano che: le compravendite immobiliari, continueranno a salire con prezzi in stabilizzazione e ripresa della crescita nel 2018/2019.

Che il mattone sia ormai fuori dalla crisi è un dato di fatto. Resta da capire il come ne sta uscendo. Del resto, se il mercato si è rimesso in moto – come già detto-  è anche grazie al fatto, che i valori sono diminuiti notevolmente dall’inizio della crisi immobiliare, rendendo le case piu’ appetibili.

Sul mercato delle locazioni , invece, è attesa una sostanziale tenuta dei canoni con lievi aumenti nelle metropoli, dove la domanda è particolarmente favorita.  Nel 2018 è prevista  una ripresa delle quote, con una domanda sostenuta su tutte le tipologie. Continua il successo del contratto a canone concordato che conferma interesse  tra proprietari ed inquilini.

Una valutazione del futuro immobiliare, non puo’ prescindere dallo studio dell’andamento del settore del credito: le erogazioni dei mutui casa, sono in aumento; anche se, negli ultimi mesi del 2017, la spinta alla crescita sembra aver esaurito la sua forza. E’ un segnale che il mercato si sta stabilizzando. Le banche manterranno il loro atteggiamento prudenziale, ma i tassi saranno ancora favorevoli.

Per quanto mi riguarda, la domanda di immobili è in crescita. La tipologia più richiesta è: il tre locali; seguito dal quattro locali. È da registrare anche un aumento di disponibilità di spesa nelle fasce più basse.

L’offerta, però, non sempre si dimostra all’altezza delle richieste, e per alcune tipologie, c’è da attendersi ancora un lieve ribasso dei prezzi.

Nell’insieme nel 2018 il trend dovrebbe restare nella scia di quello del 2017. I segnali positivi sui prezzi coinvolgeranno più realtà e, non solo, le grandi città.

C’è interesse per gli edifici che rispettano i criteri di efficienza energetica e quelli antisismici. Questo spinge  sulle nuove costruzioni.  Non è, però da escludere – che il mercato-  possa rallentare, a causa di proprietari che iniziano a immettere sul mercato immobili a prezzi troppo distanti dal reale valore di mercato (cosa che sta già accadendo); e che, dall’altro lato, ci siano acquirenti, soprattutto alla ricerca della prima casa, meno propensi a pagare l’immobile alle cifre richieste, specialmente se la qualità abitativa non è elevata, ed occorre intervenire con importanti lavori di ristrutturazione.

D’altro canto, in alcune realtà immobiliari, ci sono compratori che avendo buona capacità di spesa, presi dall’euforia del momento e dalla scarsa conoscenza del mercato, acquistano gli immobili anche ai valori del periodo pre-crisi.

Riepilogando:

Compravendite in crescita, ma ad un ritmo fisiologicamente più basso.  Buoni segnali sul fronte dell’avvicinarsi dell’inversione di tendenza, nell’andamento dei prezzi e dal punto di vista della diminuzione di sconti e tempi di vendita.

Questo è il quadro generale che emerge dal confronto delle varie opinioni, degli operatori del settore e dai dati  dell’ Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2017 stilato da Nomisma.

Figura 8: andamento dei cicli immobiliari al 2018 e tendenze di lungo periodo

 

E tu, cosa ne pensi del mercato immobiliare, l’articolo è di tuo interesse , ti è stato utile?                                                                                                                 

 Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee e/o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

 Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 Elena & Nicola

Cos’è la successione ereditaria?

La successione ereditaria è quel processo giuridico che comporta il trasferimento del patrimonio ereditario dal soggetto defunto al suo, o ai suoi, successori. Per patrimonio ereditario si intende l’insieme dei rapporti patrimoniali attivi e passivi trasmissibili che fanno capo al defunto al momento della sua morte. Dunque, l’eredità comprende non solo i beni e i crediti di cui è titolare il de cuius  al momento della morte, ma anche i suoi debiti.

Comunemente si dice che la successione a causa di morte riguarda i beni del defunto; si tratta, però, di un’imprecisione, in quanto la successione riguarda il patrimonio del defunto o singoli diritti che lo compongono, tra i quali rientrano, naturalmente, anche i diritti reali, in primo luogo la proprietà di beni, che solitamente hanno un rilievo preponderante. Il codice civile italiano regola le successioni dall’articolo 456 all’articolo 767.

La successione a causa di morte (nota anche come successione mortis causa) è   regolata da norme che, nel loro insieme, costituiscono il  diritto successorio , ramo del diritto civile. Tali norme sono generalmente contenute nel codice civile.

La successione può essere di due tipi:

  • successione testamentaria: quando è regolata da un testamento;

 

  • successione legittima: in mancanza di un testamento, la successione è regolata dalla legge.

Nel caso esista un testamento, ma non disciplini l’intera successione, la stessa sarà in parte testamentaria e in parte legittima. In ogni caso il nostro ordinamento stabilisce che una quota di eredità, la legittima, spetta di diritto ai parenti più stretti.

A codesti soggetti quali, il coniuge, i discendenti e gli ascendenti in mancanza di discendenti, spetta in ogni caso,come già espresso, il diritto ad una quota di eredità. Questo diritto alla quota di legittima configura un limite alla autonomia testamentaria e s’inquadra nell’ambito della cosiddetta successione necessaria.

Quando si succede?

La sostituzione nella titolarità del patrimonio avviene per mortis causa ossia il presupposto della successione è il decesso del soggetto titolare del patrimonio che viene devoluto in base alle modalità previste dalla Legge.

Quest’ultima disciplina, infatti, i diversi casi in cui ci si può trovare al momento dell’apertura della successione (art. 456 del codice civile: “la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”), al fine di conseguire il passaggio del patrimonio ereditario e regolare anche i differenti interessi del defunto, dei suoi familiari, dei suoi creditori e dello Stato.

Chi sono gli Eredi e i legatari

I soggetti che subentrano nella titolarità del patrimonio o di una quota del patrimonio del de cuius prendono il nome di eredi, quelli che invece subentrano nella titolarità di singoli diritti, siano essi reali o di credito, prendono il nome di legatari.

Mentre il de cuius è necessariamente una persona fisica, eredi e legatari possono anche essere persone giuridiche. lI patrimonio o la quota di patrimonio attribuita all’erede prende il nome di eredità; si parla, invece, di asse ereditario o massa ereditaria con riferimento al patrimonio del de cuius nel suo complesso.

L’erede subentra, per intero o in ragione di una quota, in tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, del de cuius, assumendosi quindi tanto i diritti, quanto gli obblighi; si ha, quindi una successione a titolo universale. Nel caso del legatario, invece, si ha una successione a titolo particolare.

Il termine “legatario” è raramente utilizzato, sicché si parla impropriamente di eredi e di eredità in senso lato, facendovi rientrare anche i legatari.

Individuazione degli eredi e legatari

Gli eredi e i legatari possono essere stati individuati dallo stesso de cuius, quando era ancora in vita, con un apposito negozio giuridico che prende il nome di testamento ( ne parleremo in modo più approfondito in un prossimo articolo): è questa la cosiddetta successione testamentaria.

In mancanza di testamento, gli eredi sono individuati dalla legge nelle persone del coniuge e di coloro che intrattengono i più stretti rapporti di parentela con il de cuius: si parla, in questo caso, di successione legittima . Si noti che, a differenza degli eredi, i legatari possono essere designati solo con testamento; la disposizione testamentaria che li individua prende il nome di legato.

Indegnità e diseredazione

L’indegnità è un istituto che risale al diritto romano ed è giunto fino agli ordinamenti attuali: in base a esso, coloro che hanno arrecato gravi offese (come l’omicidio) alla persona del de cuius o hanno gravemente leso la sua libertà di fare testamento, non possono essere suoi eredi o legatari.

L’indegnità opera a prescindere dalla volontà del de cuius, in quanto risponde a un’esigenza di interesse pubblico, ripugnando alla coscienza sociale che possa succedere al defunto chi ha tenuto certi comportamenti nei suoi confronti.

A differenza dell’indegnità, la diseredazione opera a seguito di una dichiarazione di volontà espressa dal de cuius nel testamento (cosiddetta disposizione negativa) ed esclude dalla possibilità di essere erede chi avrebbe altrimenti potuto esserlo in virtù della successione legittima. La diseredazione in senso stretto si distingue dalla preterizione, che si ha quando il testatore ha lasciato ad altri, ma nulla a un soggetto che sarebbe stato suo erede in virtù della successione legittima.

Accettazione eredità 

Per acquisire l’eredità occorre accettarla. L’accettazione ,che non può riguardare solo una parte dell’eredità, può  essere espressa, tacita o presunta. Il diritto si prescrive in 10 anni.

  • Accettazione Espressa con un ricevuto dal notaio o dal cancelliere del Tribunale del luogo ove il defunto aveva l’ultimo domicilio. In caso di eredi minori o incapaci, occorre anche l’autorizzazione del giudice.

 

  • Accettazione presunta si verifica allorché l’acquisto dell’eredità avvenga in automatico o per il solo fatto che non si è compiuto un atto previsto dalla legge (esempio mancato compimento dell’inventario, mancata dismissione del possesso dei beni ereditari, mancata dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario) ovvero perché si è tenuto un determinato comportamento (sottrazione dei beni ereditari). Si parla di accettazione presunta perché la legge indica dei casi al verificarsi dei quali l’acquisto dell’eredità è automatico (prescindendo cioè dall’accettazione), sul presupposto che chi lo abbia compiuto voleva accettare e senza, quindi, che abbia rilevanza la reale volontà contraria (la prova della quale, peraltro, non è ammessa).

Principalmente i casi accettazione presunta sono tre:

1) i chiamati all’eredità hanno sottratto o nascosto beni ereditari (essi decadono dalla facoltà di rinuncia la quale è irrilevante);

2) il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni ereditari deve formare l’inventario entro 3 mesi trascorso tale termine, il chiamato è considerato erede puro e semplice;

3) formato l’inventario, il chiamato, nei 40 giorni successivi, non dichiara se accettare o rinunziare all’eredità.

  • Accettazione tacita, cioè desumibile da un comportamento che manifesti la volontà di accettare (per esempio con il trasferimento della residenza nella casa ricevuta in eredità o la vendita della casa ricevuta in eredità ). Se l’erede accetta, subentra al defunto anche nei debiti.

Per questo motivo la legge prevede, con le medesime formalità richieste per l’accettazione espressa, la possibilità di: 

  • rinunciare all’eredità, cioè di rifiutarla (con la conseguenza, però, che saranno chiamati all’eredità i discendenti);

 

  • di accettare con beneficio di inventario(obbligatorio in caso di eredi minori, incapaci, o di persone giuridiche), in modo da non rispondere dei debiti del defunto con il proprio patrimonio personale, ma solo nei limiti del valore di quanto ricevuto in eredità. Come si effettua l’accettazione con beneficio di inventario?Si effettua mediante dichiarazione ricevuta da notaio o dal cancelliere ed inserita nel registro delle successioni. La dichiarazione poi deve essere trascritta presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione. Se vuoi fare l’accettazione con beneficio di inventario hai tre mesi rinnovabili dal giudice per non più di un trimestre.

Dopo l’apertura della successione, che permette di definire la legge da applicare in base al domicilio del defunto, il successore indicato nel testamento o quello che in base al grado familiare è legittimato a succedere deve accettare l’eredità per assumere la qualità di “erede”.

Il periodo che intercorre tra l’apertura della successione e quello dell’accettazione viene definito “giacenza dell’eredità”: in questo periodo il chiamato a succedere non dispone dei beni ma può compiere atti di conservazione degli stessi fino alla nomina, d’ufficio o su istanza di qualsiasi interessato del patrimonio ereditario, di un curatore.

Si precisa che l’effetto dell’accettazione dell’eredità da parte del chiamato alla successione risale al momento nel quale si è aperta la successione (art. 459, codice civile): per esempio, se il de cuius muore il 10 aprile 2017 e il chiamato alla successione accetta il 20 giugno 2017 l’accettazione retroagisce alla data di apertura della successione quindi al 10 aprile 2017.

Una domanda molto comune, che mi viene rivolta è la seguente:quanto tempo  ho per accettare l’eredità?

Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in 10 anni ma se vi è interesse a che il chiamato si esprima prima, è possibile fare ricorso al giudice, perché questo fissi al chiamato un termine per accettare, decorso il quale, il chiamato perderà il diritto di accettare l’eredità. Anche il testatore, inoltre, può stabilire un termine per accettare l’eredità.

Se il chiamato all’eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette ai suoi eredi. In altri termini, il chiamato che muoia senza aver accettato, trasmette ai suoi eredi il suo patrimonio insieme al diritto di accettare l’eredità che gli era stata devoluta, per cui gli eredi se rinunceranno all’eredità propria del defunto, rinunceranno anche all’eredità che questo aveva diritto di accettare.

Le imposte di successione 

La successione per causa di morte impone una serie di adempimenti anche dal punto di vista fiscale. In particolare, entro un anno dall’apertura della successione, i chiamati a succedere devono presentare al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di  successione.                                   

Tale dichiarazione contiene le generalità dei successori e la descrizione dei beni oggetto della successione. L’imposta di successione è un adempimento fiscale di fondamentale importanza, in quanto costituisce condizione imprescindibile al fine di poter disporre dei beni ricevuti a causa di morte.

Di seguito vi indichiamo una   TABELLA SULLE  IMPOSTE DI SUCCESSIONE :

Molte persone ci chiedono se conviene di più aspettare la successione o fare la donazione ? in altre parole, la donazione può essere uno strumento conveniente rispetto alla successione?

Spesso le persone, specialmente gli anziani, si chiedono se sia più vantaggioso rinviare la devoluzione del patrimonio alla propria morte, con la redazione testamentaria o lasciando che sia la legge a regolare chi erediterà, o se invece sia preferibile pianificare la propria successione già in vita, donando parte dei propri beni a favore dei congiunti.

Ecco in breve, una tabella riassuntiva,di cosa prevede la normativa in vigore in Italia sia per le successioni che per le donazioni:

 

Da ciò che si evince  dalla tabella sopra riportata, da un lato, aliquote e franchigie sono le medesime, dall’altro, un’analisi ragionata deve considerare che i presupposti temporali per l’applicazione fiscale potrebbero essere differenti:

Se ad esempio un Padre oggi dona a un Figlio, si applicheranno le imposte in vigore al preciso momento della sottoscrizione dell’atto di donazione;

se il Padre morirà tra 10 anni lasciando l’eredità al Figlio si applicheranno le imposte in vigore in quel preciso momento. Chi può garantire che resteranno in vigore le aliquote attuali?                                                                                                                                         

In futuro, di sicuro, bisognerà  aspettarsi una revisione dell’attuale sistema di tassazione che, in caso di aumento delle aliquote o di diminuzione delle franchigie, porterebbe a ritenere più conveniente una pianificazione immediata, tramite donazione dei propri beni a favore dei  congiunti più prossimi.

Tuttavia, potrebbero emergere dei limiti alla donazione rispetto alla successione: potrebbe essere difficile rivendere un immobile di provenienza donativa, poiché potrebbero astrattamente configurarsi dei problemi legati alla tutela di eventuali legittimari lesi o dimenticati, così come di eventuali terzi aventi causa dal donatario.

Infatti, solo trascorsi 20 anni dalla trascrizione, il terzo acquirente di un immobile donato non correrà rischi e comunque, solo decorsi 10 anni dalla morte del donante, saranno prescritte eventuali azioni volte a scardinare la donazione. Per non parlare poi della conseguente difficoltà di ottenere un’ipoteca sull’immobile donato, alla luce di questa instabilità dell’acquisto.

È  innegabile che con la donazione  il donante possa  regolare anticipatamente la sua eredità, potendo egli pianificare una distribuzione equa dei beni che sarebbero oggetto di eredità solo al momento della sua morte (sempre ché siano rispettate le quote di legittima).

In definitiva, la differenziazione  tra donazione e successione pare dettata più che altro da quanto si è disposti ad attendere di entrare nella disponibilità dei beni piuttosto che disfarsi della disponibilità degli stessi.

Tutte considerazioni che non possono, comunque, prescindere dalle future scelte di politica fiscale del legislatore, apparentemente propenso in un prossimo futuro, ad incrementare la base impositiva.

In considerazione della complessità dei problemi che possono nascere da una successione è opportuno farsi consigliare da un professionista esperto che potrà indicare le soluzioni giuridiche che possano evitare futuri, dolorosi contenziosi familiari e rilevanti problemi di commerciabilità dei beni donati. Il professionista ha un ruolo centrale al fine di pianificare gli assetti futuri della famiglia con professionalità, serenità e consapevolezza.

Tu Cosa ne pensi delle Successioni ?                                                                                                                   

L’articolo ti è stato utile?                                                                                                                           

 

L’hai trovato interessante?                                                                                                               

Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci su www.venditacasafacile.it      E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 Elena & Nicola

Il Testamento

Il testamento rappresenta l’unico strumento possibile per poter disporre dei propri beni dopo la morte. E’ un atto personale, non può cioè essere redatto da terzi o da un rappresentante.

È, quindi,uno strumento prezioso che ci consente di disporre dei nostri beni dopo la morte, di tutelare i nostri cari e, se lo desideriamo, di beneficiare anche altri soggetti, Enti, Associazioni.

La pratica testamentaria è erroneamente ritenuta complessa e costosa, privilegio di chi possiede un grande patrimonio: in realtà è un gesto di civile previdenza che può riguardare ciascuno di noi.

Perchè scegliere di fare Testamento e Come decidere

Nel corso della vita si fanno molte scelte importanti, ma una delle più significative è quella che si può prendere per aiutare chi verrà dopo di noi.

Per questo è sempre utile sapere come si può scrivere il proprio testamento, ovvero come usare al meglio lo strumento sovrano per manifestare le proprie volontà in favore delle persone a noi care.

Manifestare le proprie volontà con il testamento è perciò una scelta libera e spontanea di attenzione e solidarietà a favore delle persone per noi importanti, familiari e non.

Ora vediamo di seguito  le sue caratteristiche

L’art. 587 del codice civile definisce così il testamento: “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.

 Sono  prerogative essenziali del fare testamento, garantite dalla legge, la libertà e la revocabilità.

 La libertà di disporre dei propri beni per testamento è totale solo in mancanza di familiari prossimi; se invece il testatore ha parenti stretti, può disporre per testamento solo di una parte del proprio patrimonio.

La libertà del testatore è garantita dalle norme che vietano:

  • i patti successori (ogni disposizione successoria contenuta in un contratto o legata a disposizioni successorie di altri è nulla);
  • il testamento congiunto (atto unico con il quale due persone dispongono in favore di un terzo);
  • il testamento reciproco (atto unico con il quale due persone dispongono dei propri beni in modo simmetrico, ovvero uno a favore dell’altro).

Il testamento può essere revocato in ogni momento, senza alcuna limitazione:     nessuno può rinunciare alla facoltà di revoca e ogni clausola o condizione posta alla revocabilità è nulla.

Tipi di testamento

Il nostro ordinamento giuridico prevede tre forme ordinarie di testamento, cui poi si aggiungono i cosiddetti testamenti speciali (art. 601 c.c. e seguenti ):

IL TESTAMENTO OLOGRAFO: è la forma di testamento più semplice ed economica poiché viene redatto dal testatore, in modo semplice e senza alcun costo. Il testamento deve essere scritto in maniera semplice e con disposizioni chiare.

Il documento può essere scritto su un foglio di carta, ma affinché sia valido deve rispondere ad alcuni  requisiti formali:

 

  • essere scritto interamente a mano da colui che fa testamento( quindi senza utilizzare computer, macchina da scrivere );

 

  • riportare la data completa di giorno, mese e anno;

 

  • essere firmato dal testatore per esteso (nome e cognome).

Modalità di conservazione:

 Benché non sia obbligatorio, è possibile depositare il testamento presso uno Studio notarile, al fine di evitarne lo smarrimento e garantirne la conservazione. Si suggerisce, pertanto, di seguire questi semplici passaggi:

  • di farne 2 fotocopie, annotando gli eventuali riferimenti (nome, cognome, indirizzo) del notaio presso cui si è scelto di depositarlo;
  • di inviare una copia al beneficiario e riporre la seconda in un luogo sicuro.

Benché molto semplice e di comune utilizzo, questa forma testamentaria presenta alcuni svantaggi:

  • possibilità di distruzione ad opera di terzi;
  • possibilità di smarrimento;
  • possibilità di errori;
  • possibilità di falsificazioni;
  • possibilità di contestazioni circa l’autenticità del documento;
  • difficoltà di interpretazione in caso di disposizioni particolarmente complesse.

Al fine di evitare tali problematiche, è possibile fare ricorso al :  

TESTAMENTO PUBBLICO :  viene ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni.  Il notaio, in qualità di pubblico ufficiale, provvede alla stesura dell’atto, sotto dettatura del testatore.

Il documento deve essere firmato dal testatore, dal notaio e dai testimoni e deve essere custodito presso lo studio notarile fino alla sua apertura. Le persone non vedenti dovranno ricorrere al testamento pubblico e, qualora non fossero in grado di firmare il documento, alla presenza di quattro testimoni.

Una volta redatto, il testamento, sia pubblico che olografo, può essere in ogni momento revocato oppure modificato.

Il testamento pubblico presenta notevoli vantaggi:                                                                                    

  • rigoroso accertamento della volontà del testatore;
  • nessuna possibilità di smarrimento o sottrazione;
  • forza probatoria tipica dell’atto pubblico;
  • garanzia di conformità all’ordinamento giuridico;

possibilità di utilizzo anche da parte di chi non potrebbe ricorrere al testamento olografo, quali ad esempio analfabeti, stranieri o impossibilitati a scrivere.

IL TESTAMENTO SEGRETO: è un tipo di disposizione non diffuso nella prassi. Si tratta di un testamento di cui il Notaio e i testimoni ignorano il contenuto. Alla presenza di due testimoni il Notaio riceve il testamento, che può essere sigillato dal testatore stesso o dal Notaio al momento del ricevimento il quale redige un semplice verbale di ricevimento

I TESTAMENTI SPECIALI: sono testamenti ai quali si ricorre solo quando non è possibile redigere un testamento ordinario. I testamenti speciali prevedono una semplificazione delle formalità ma la loro validità è limitata.

Cosa si può lasciare in eredità

Tutti i beni possono essere oggetto di lasciti testamentari : una somma di denaro, beni mobili, beni immobili, fondi di investimento e polizze sulla vita.

È importante ricordare che l’indicazione di cosa si vuole lasciare per testamento deve essere più semplice e chiara possibile.

Se si desidera  lasciare una somma di denaro è bene indicare nel testamento l’importo e dove esattamente la somma è depositata (presso quale ente o istituto bancario/altro).

Se si intende lasciare un bene immobile, bisogna indicare l’esatta ubicazione, via, civico, località, provincia, in modo da garantire la corretta identificazione del bene.

Chi può farlo

 Possono disporre testamento tutti coloro che non sono dichiarati espressamente incapaci dalla legge ( art. 591 c.c. ). Sono incapaci di testare i minori e gli interdetti per infermità di mente.

Revoca

 Il testamento può essere sempre revocato o modificato. È nulla ogni clausola con la quale il testatore rinunci o si impegni a non modificare o a non revocare il suo testamento ( art. 679 c.c. ).

In presenza di più testamenti che dispongano in modo diverso resta comunque valido sempre quello redatto in data più recente, e le disposizioni di quelli anteriori valgono solo se non sono in contrasto con quelle dei testamenti successivi o non sono da questi espressamente revocati.

Nel redigere testamenti successivi è opportuno dichiarare espressamente  che si revocano i testamenti precedenti. (es:(revoco ogni precedente disposizione testamentaria, ed in particolare il testamento scritto in data……… . ).

 Una volta scritto il testamento olografo è consigliabile sottoporlo all’esame di un professionista per accertarsi della sua perfetta regolarità e chiarezza.

Senza testamento non è possibile decidere la destinazione di quanto si possiede ed è  bene ricordare che, in mancanza di eredi e di testamento, i beni passeranno allo Stato.

Tutela degli eredi legittimari  

La legge tutela alcune categorie di familiari (legittimari), riservando agli stessi una quota di eredità (legittima) anche contro un’eventuale volontà del defunto espressa per testamento. Questi soggetti sono i discendenti (figli e nipoti), gli ascendenti (genitori, nonni, e così via) e il coniuge. Ricordate però che, c’è sempre una quota disponibile per cui il testatore può disporre come desidera.

A seconda della esistenza o meno di tali soggetti al momento del decesso, o di alcuni soltanto di essi, la legge prevede, con calcoli a volte molto complicati, quale sia la quota di eredità riservata a costoro, considerando anche i debiti del defunto ed eventuali donazioni da lui effettuate in vita, e quale sia, quindi, la quota di eredità (disponibile) di cui il testatore può disporre liberamente a favore di chi vuole.

C’è, quindi, un limite alla libertà di fare testamento: se il testamento lede i diritti di un legittimario, questo potrà agire in giudizio per renderle inefficaci. 

È fondamentale, quindi, in questi casi rivolgersi ad un professionista per evitare futuri, dolorosi contenziosi familiari e, soprattutto, problemi di commerciabilità per i beni oggetto del testamento.

Grazie alla specifica competenza in materia successoria, il professionista potrà suggerire, in caso di testamento  pubblico, le soluzioni migliori per raggiungere  il risultato voluto dal testatore, nel rispetto  della normativa vigente, evitando eventuali  clausole o disposizioni nulle perché  in contrasto con le norme di legge.

Naturalmente tutti questi argomenti li approfondiremo, quando tratteremo le successioni.

Polizze vita

Una modalità che viene sempre più utilizzata per  beneficiare in modo particolare alcuni eredi e non , è la stipula di una polizza vita con l’indicazione del beneficiario in caso di morte.

L’importo che verrà maturato con il decesso dell’intestatario della polizza e che andrà a beneficio di chi è indicato all’atto della stipula, non è parte del patrimonio ereditario; di conseguenza non sono applicabili le norme relative alle quote di legittima.

L’assicurazione sulla vita è una forma estremamente interessante per la sua semplicità e per i vantaggi insiti che sono,  anche vantaggi di tipo fiscale.

Infatti, i premi di volta in volta pagati sono ammessi quali oneri detraibili in occasione della propria dichiarazione dei redditi. L’indicazione del beneficiario nella polizza può essere cambiata in qualunque momento.

  Tu Cosa ne pensi del Testamento ?                                                                                                                   

 L’articolo ti è stato utile?                                                                                                                           

 L’hai trovato interessante?                                                                                                               

 Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci su www.venditacasafacile.it      E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 

Elena & Nicola

                                                                                           

 

 

 

Fondo patrimoniale: cos’è e come funziona?

Cos’è il fondo patrimoniale?

È un vincolo che viene costituito, attraverso l’atto di un notaio, su beni immobili (una casa, un terreno, ecc.), titoli di credito (per esempio, le quote di una società per azioni), beni mobili registrati (per esempio, un’automobile).

Esso è stato introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975 (che ha sostituito il precedente strumento del patrimonio familiare con il quale la titolarità dei beni e, quindi, l’amministrazione, restava in capo al coniuge costituente).

Al contrario di ciò che comunemente si crede, immettere i beni nel fondo patrimoniale non comporta un mutamento nella titolarità dei beni stessi; Ma essi rimangono intestati al proprietario, e nel caso di comunione dei bene, ad entrambi.
Lo scopo del fondo è di destinare i beni in esso inseriti ai bisogni della famiglia. Pertanto, il suo effetto principale è che, per legge, i beni che vi sono compresi, e i loro redditi, non possono essere aggrediti , cioè soggetti a esecuzione forzata, dai creditori sorti dopo la costituzione del fondo e purché i loro crediti riguardino obbligazioni per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

Il fondo, per fare un esempio pratico, non è aggredibile dai fornitori della ditta individuale di uno dei due coniugi.

Al contrario, invece, per quanto riguarda i debiti sorti prima della costituzione del fondo, essi potranno impugnare la costituzione del fondo patrimoniale, con una azione revocatoria, se riescono a provare che tale fondo è stato creato al solo scopo di frodare i creditori .

In questo caso, la causa deve essere intrapresa entro cinque anni dalla costituzione del fondo, dopo questo termine, il fondo diventa irrevocabile e definitivo, anche se fatto in frode ai creditori.

La dimostrazione che i creditori erano a conoscenza che il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia spetta sempre ai titolari del fondo (coniugi).

Se la revocatoria viene vinta dai creditori, il comportamento del debitore è passibile anche di sanzioni penali, soprattutto se si tratta di debiti fiscali o nei confronti dello Stato.

Fino a poco tempo fa, rimaneva in forse l’efficacia del fondo patrimoniale nei confronti del fisco, ma le recenti pronunce dei giudici hanno fugato ogni dubbio: anche i debiti fiscali devono fermarsi di fronte ai beni costituiti in fondo patrimoniale, se non si tratta di debiti sorti per soddisfare i bisogni della famiglia.

Il fondo patrimoniale può essere costituito sui beni di proprietà di uno solo dei coniugi o di entrambi. Come già detto, la costituzione del fondo non implica necessariamente il trasferimento dei beni, che restano intestati a chi ne era già proprietario. Il fondo si può ampliare in qualsiasi momento, facendovi affluire ulteriori beni, con un nuovo atto notarile.

Possono creare un fondo patrimoniale solo le coppie sposate quindi, non le coppie di fatto.
Lo stesso deve essere annotato sull’atto di matrimonio altrimenti, la casa è pignorabile.Il fondo patrimoniale non comporta, come già detto, nessun trasferimento della proprietà o del possesso del bene a favore di terzi, ma implica solo che il bene medesimo viene assoggettato a una destinazione che è vincolante: soddisfare i bisogni della famiglia e preservarla contro eventuali difficoltà future.

La scelta di immettere i beni nel fondo patrimoniale rende più contorto il loro regime di gestione.Infatti, se da un lato entrambi i coniugi possono disgiuntamente amministrare il fondo, secondo le regole della comunione legale, è però necessario il consenso di entrambi i coniugi per la vendita dei beni costituiti in fondo, anche se il proprietario è uno solo di essi.

Inoltre, se nella famiglia ci sono figli di minore età, la vendita dei beni compresi nel fondo deve essere autorizzata dal tribunale.

Questa regola, però, può essere derogata inserendo nell’atto costitutivo del fondo una clausola che consente di disporre dei beni senza bisogno dell’autorizzazione del tribunale, anche in presenza di figli minori; In questo caso, è possibile vendere liberamente i beni o stipulare un mutuo.

Il costo della costituzione del fondo non dipende dal valore o dal numero dei beni, di qualsivoglia natura, in esso compresi. Esso ammonta a circa € 1.500, compresi i costi notarili.

In estrema sintesi, il fondo patrimoniale garantisce la conservazione di alcuni beni dall’attacco di crediti che siano sorti successivamente e per ragioni estranee ai bisogni della famiglia.

È Uno dei sistemi più usati dagli italiani per sottrarre i propri immobili alle aggressioni dei creditori, esso è ormai entrato nella normalità delle famiglie, specie quelle degli imprenditori.

Il mito, però, che i beni destinati nel fondo patrimoniale non possono più essere aggrediti da nessun creditore è Falso, o comunque frutto di ingannevoli informazioni. La falsa credenza deriva dall’art. 170 del C.C., che dice: “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”. L’articolo del C.C. ha fatto credere ai più superficiali che ci fosse una specie di “blindatura” sicché il fornitore che non era stato pagato rimaneva a bocca asciutta.
Da ciò ne consegue che :

1) I beni inseriti nel fondo sono aggredibili sempre nel caso di debiti contratti per soddisfare i bisogni della famiglia.

2) I beni del fondo non sono, invece, attaccabili per i debiti contratti per bisogni estranei alla famiglia, ma purché: tali obbligazioni siano insorte dopo la costituzione del fondo; oppure, nel caso di obbligazioni sorte anteriormente, siano decorsi cinque anni dalla costituzione del fondo.

Se, invece, non sono ancora decorsi cinque anni dalla costituzione del fondo, i creditori per debiti esterni alla famiglia, sorti anteriormente alla costituzione del fondo, possono impugnare il fondo con l’azione revocatoria. Essi però, devono dimostrare che il debitore ha costituito il fondo con l’unico intento di frodare i creditori.

Tre sono le ipotesi in cui la casa e gli altri immobili inseriti nel fondo patrimoniale possono essere aggrediti:

 se entro il primo anno dalla sua costituzione uno o più creditori iscrivono nei pubblici registri un pignoramento immobiliare, i beni inseriti nel fondo possono essere sempre aggrediti e messi in vendita all’asta, senza bisogno di un giudizio di revocatoria; in pratica, basta solo confrontare le date di iscrizione del fondo e del pignoramento e se tra le due non è passato più di un anno, il fondo è attaccabilissimo ed è come se non fosse mai stato costituito;

 nei primi cinque anni dalla sua costituzione il fondo patrimoniale può essere sempre oggetto di azione revocatoria, volta a renderlo inefficace e a pignorare gli immobili inseriti.
Chi agisce, però, deve provare che il fondo è stato costituito con l’intento di frodare i creditori: il che si dimostra agevolmente quando il debitore non ha altri beni utilmente pignorabili oltre a quelli protetti nel fondo. In pratica, il fatto che il debitore ha vincolato nel fondo i suoi beni di maggior valore è una valida prova del suo intento fraudolento;

 anche dopo i cinque anni, e senza limiti di tempo, possono ipotecare e pignorare i beni inseriti nel fondo i SOLI creditori sorti per debiti necessari a soddisfare i “bisogni della famiglia”.In questo caso, il fondo patrimoniale è attaccabile senza bisogno di revocatoria.

L’ultimo dei tre punti appena visto è stato interpretato in modo così ampio dalla giurisprudenza da rendere il fondo patrimoniale pressoché inutile. Chi infatti credeva che per “esigenze familiari” dovessero intendersi solo quelle legate al sostentamento del coniuge e dei figli (spese scolastiche, imposte sulla casa, oneri condominiali, obbligazioni per l’acquisto di beni di primaria necessità, ecc.) si sbagliava di grosso e ora si trova tra le mani uno strumento – il fondo patrimoniale – che potrebbe non tutelarlo più.

I giudici ritengono, infatti, che anche i debiti,in particolar modo quelli tributari, conseguenti all’esercizio dell’azienda rientrano tra le “esigenze familiari” e, come tali, consentono di attaccare il fondo patrimoniale senza limiti di tempo, anche dopo la scadenza dei termini per la revocatoria.

I principi appena espressi valgono anche quando il creditore è Equitalia (dal primo luglio 2017 Agenzia delle Entrate-Riscossione). L’Agente per la riscossione è legittimato ad agire contro la casa inserita nel fondo patrimoniale – benché sia scaduto il termine di cinque anni per la revocatoria – per recuperare le imposte evase nell’esercizio dell’attività aziendale: difatti, se è vero che, nel primo quinquennio, chiunque possa far revocare il fondo quando costituito per frodare i creditori; è anche vero, che – dopo tale periodo – gli immobili inseriti nel fondo restino comunque sempre pignorabili, se il debito fosse sorto per esigenze familiari; Con tali, intendendosi anche quelle di natura fiscale (IVA,INPS e IRAP ) legate all’attività d’impresa.

Via libera dunque a Agenzia delle Entrate – Riscossione che può pignorare l’immobile costituito nel fondo patrimoniale dei coniugi anche se i crediti tributari per i quali agisce il concessionario scaturiscono dall’attività imprenditoriale del marito o della moglie.

NOTA BENE: E’ vero che il fondo patrimoniale serve ad assicurare il tenore di vita che i coniugi hanno inteso attuare. Ma anche i risparmi che si ottengono non pagando tributi e contributi previdenziali – sebbene provengano dall’attività imprenditoriale – danno, comunque, luogo a debiti contratti per i bisogni familiari sui quali si riflettono. Ed è altrettanto valido per le spese sostenute per potenziare la capacità lavorativa dei coniugi.

Da ciò ne consegue che : l’ipoteca sulla casa è legittima, malgrado sia inserita nel fondo patrimoniale, se il debito è dovuto a cartelle esattoriali non pagate.

Ma allora, mi domandano in tanti, da cosa tutela il fondo patrimoniale?

Il fondo patrimoniale resta uno strumento utile solo per difendersi dai creditori per obbligazioni di natura speculativa o voluttuaria, spese quest’ultime che, tuttavia, oggi nessuno può più permettersi.

Quindi, solo i debiti contratti per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da intenti speculativi danno luogo a esborsi non rientranti nei “bisogni della famiglia” e, come tali, inopponibili al fondo patrimoniale, ma sempre a condizione che siano passati i cinque anni per l’azione revocatoria.

Abbiamo detto all’inizio di questo articolo che il fondo patrimoniale: “E’ uno dei sistemi più usati dagli italiani per sottrarre i propri immobili alle aggressioni dei creditori, che è ormai entrato nella normalità delle famiglie, specie quelle degli imprenditori”.  

 E’ andato follemente di moda  per cercare di ripararsi dai debiti della propria azienda, della professione, e dai mutui che non si riusciva a rimborsare.

Oggi, secondo la mia opinione, possiamo decretare la fine del fondo patrimoniale..

Consiglio: continua a leggere le novità e scioglilo subito !

Tutti si sono dimenticati che la costituzione del fondo patrimoniale è un atto di liberalità a titolo gratuito, sia che si tratti di fondo patrimoniale con trasferimento dei beni, sia che si limiti a mettere a disposizione dei bisogni della famiglia i soli frutti.

Cos’è un atto di liberalità a titolo gratuito? Una donazione.

Dunque, quando si hanno creditori qualcuno pensa, ancora oggi, di poter porre al riparo i propri beni donandoli ai figli?

Spero di no, conosciamo tutti il meccanismo della revocatoria.

La costituzione del fondo patrimoniale è la stessa cosa.

Una donazione ai propri figli e alla propria famiglia, che non può reggere di fronte al principio che la legge preferisce chi deve avere il denaro piuttosto di chi ha ricevuto gratuitamente dei beni. Senza contare poi che la revocatoria colpisce addirittura anche i trasferimenti a titolo oneroso!

In sostanza la costituzione del fondo patrimoniale aveva (ed ha) la sola funzione di far guadagnare un po’ di tempo dalle pretese del creditore, ma anche ciò con notevole controindicazioni, perché il vincolo sul bene impedisce, la giusta possibilità di compiere manovre straordinarie più proficue.

La nuova norma del Dl. 83/15 che di fatto spazzava via il fondo patrimoniale assieme alle donazioni, ai vincoli e ai trust perché lì si prevedeva che entro un anno dalla costituzione del fondo patrimoniale o degli altri vincoli chiunque, e cioè qualsiasi creditore, indipendentemente da qualsiasi credito potesse vantare, aveva il diritto di procedere subito all’esecuzione forzata iscrivendo pignoramento sui beni del debitore.

E’ evidente che l’art. 170 del C.C. veniva spazzato via totalmente perché in applicazione della norma è stata eliminata la distinzione tra beni destinati ai bisogni della famiglia e beni professionali e/o imprenditoriali. Entro l’anno dalla costituzione il fondo, in pratica, non esiste più.

L’unica nota positiva, da mettere in evidenza, è la durata temporale modesta, un anno dalla costituzione del fondo, prevista dalla norma, anche se si tratta di un anno importante perché nessuno costituisce il fondo patrimoniale per difendersi da eventuali rischi quando i rischi sono molto lontani.

Il colpo di grazia al fondo patrimoniale

La gioia per questo limitato effetto temporale della norma è durata ben poco. Con il DL 83/15, trascorso l’anno, si poteva tornare a sperare di potersi opporre alla richiesta di revocatoria da parte del creditore.

Ora oltre al legislatore è intervenuta la Corte di Cassazione che in numerose sentenze ha interpretato in maniera completamente diversa da quanto si credeva il contenuto dell’art. 170 del C.C. . Esso veniva interpretato come punto di separazione tra due tipi diversi di obbligazioni. Da un lato i bisogni immediati della famiglia (una vacanza, l’istruzione dei figli, etc.) dall’altra i veri debiti per l’attività professionale e imprenditoriale.

La Corte di Cassazione ha iniziato con numerose sentenze, una dopo l’altra, a precisare che il concetto di “bisogni della famiglia” deve intendersi in maniera molto più ampia, e cioè come finalità principale della vita del soggetto e della sua famiglia a cui sono preordinate le attività lavorative, professionali e imprenditoriali. Esempio pratico sentenza cassazione del 24 febbraio 2016 N. 3600.

La Cassazione in sostanza si domanda, perché un imprenditore mette su un’azienda o un’impresa e inizia dei rapporti commerciali con altri soggetti? E risponde: per ricavare un reddito da utilizzare per migliorare la propria situazione economica e quella dei propri cari, e cioè della propria famiglia!

Di conseguenza anche l’attività imprenditoriale è, sia pure indirettamente, tesa al soddisfacimento dei bisogni della propria famiglia e quindi rientra nell’ambito di quella casistica che consente al terzo di procedere all’esecuzione forzata immediatamente e senza neppure esperire la revocatoria.

Certamente la Corte di Cassazione non “emette “ le leggi e non emette principi normativi da interpretare, pertanto il discernimento tra i singoli debiti verrà deciso di volta in volta dai giudici.

Come si può comprendere l’indirizzo giurisprudenziale ormai è tale da inibire qualsiasi utilità al fondo patrimoniale, anzi da suggerire, come consigliavo prima, lo scioglimento immediato. Io personalmente,quindi, consiglio l’immediato scioglimento di tutti i fondi patrimoniali esistenti, specialmente quelli creati con finalità di tutela diverse dal reale soddisfacimento dell’interesse astratto della legge, per porre in essere soluzioni alternative e più intelligenti.

Prossimamente dedicheremo degli articoli che riguardano il Trust e le Donazioni ….seguiteci.

Tu Cosa ne pensi del declino del fondo patrimoniale ?

L’articolo ti è stato utile?

L’hai trovato interessante?

Condividilo sui tuoi social e commentalo con le tue idee o proponi le tue richieste di chiarimento qui di seguito!

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Noi siamo qui.
Un abbraccio virtuale a tutti.

Elena & Nicola

Troverai sempre quello che cerchi su:

www.venditacasafacile.it

Il ”Rent To Buy” Cos’è e come funziona

“COS’E’ IL “RENT TO BUY” ?

Il Rent to Buy è una metodologia di compravendita immobiliare finalizzata a consentire l’acquisto di un bene immobile, di qualsiasi tipologia, con una modalità: graduale, flessibile ed economicamente più vantaggiosa rispetto all’acquisto con il metodo tradizionale. Il Rent to Buy è, pertanto, un programma preparatorio all’acquisto che si può realizzare scegliendo, tra due diversi schemi contrattuali, entrambi perfettamente regolamentati.

La finalità degli accordi contrattuali è quella di consentire l’utilizzo immediato del bene che verrà poi acquistato, entro il periodo liberamente concordato tra le parti, ad un prezzo pattuito e bloccato oggi. Sarebbe, quindi, un errore assimilare il Rent to Buy ad una modalità di pagamento rateizzato, in cui la proprietà del bene si trasferisce subito ed il pagamento viene dilazionato.

Il Rent to Buy è invece una modalità di acquisto graduale in cui, fino al momento del rogito, la proprietà del bene rimane comunque al venditore e ciò costituisce per lo stesso una importantissima garanzia.

IL “RENT TO BUY” PER GLI IMMOBILI RESIDENZIALI

Per quanto concerne gli immobili ad uso residenziale, le due finalità con cui la metodologia Rent to Buy viene più frequentemente applicata sono:

– consentire all’acquirente di disporre del tempo necessario per allinearsi ai parametri previsti dal mondo bancario per la concessione del finanziamento: consolidamento della propria capacità reddituale, creazione di uno storico creditizio e/o innalzamento del proprio livello di equity, ovvero di capitale proprio iniziale necessario per accedere al mutuo, importo solitamente pari al 15 – 20% del prezzo di vendita dell’immobile;

– consentire all’acquirente di avere il tempo di smobilizzare dei capitali diversamente investiti o di vendere il proprio immobile usato in cui attualmente vive evitando di dover, per la fretta, svenderlo.

Nel primo caso siamo soliti parlare di Rent to Buy di leva finanziaria, nel secondo di Rent to Buy di flessibilità. Ed è proprio per questa sua flessibilità che il Rent to Buy incontra molto favore anche nella fascia alta del mercato.

  • La durata contrattuale viene solitamente fissata in 3 anni, fermo restando il diritto unilaterale dell’acquirente di anticipare a proprio piacimento la data del rogito definitivo. E’ inoltre, importante sapere che la metodologia Rent to Buy si può applicare indifferentemente agli immobili: già ultimati, a quelli in corso di costruzione ed a quelli da ristrutturare.

Siffatta prassi è, evidentemente, conseguenza della crescente difficoltà di accesso al credito stante la riluttanza degli istituti di credito ad erogare mutui a soggetti con lavori precari e della più generalizzata crisi del settore immobiliare.

LO SCHEMA CONTRATTUALE

In sintesi il contratto di rent to buy si può schematizzare nei seguenti termini:

  • il soggetto denominatofuturo acquirente ottiene l’immediato godimento dell’immobile a fronte del pagamento di un acconto e di un importo mensile per un certo numero di anni;
  • l’ importo mensile consta di due componenti:                                                            
    1) una parte a titolo di canone locativo a fondo perduto;
    2) un’altra parte viene accantonata in conto di futuro acquisto il quale, sommato all’acconto iniziale, verrà detratto dal valore della compravendita (generalmente dal 15 al 20% del valore dell’immobile);

 

La durata massima del contratto per perfezionare la vendita dell’immobile è 10 anni e bisognerà versare il saldo del restante prezzo,generalmente 80- 85% del valore dell’immobile.

Lo schema contrattuale è particolarmente flessibile in quanto le parti potranno liberamente determinare la durata della fase del godimento del bene (nel limite del decennio), la quota di canone imputabile a corrispettivo, eventuali ipotesi di recesso, penali, la cessione del contratto, gli effetti dell’inadempimento.           

I DUE MODELLI CONTRATTUALI CON CUI SI PUO’ REALIZZARE LA COMPRAVENDITA “RENT TO BUY”

I privati cittadini e le imprese hanno oggi a disposizione due diversi modelli contrattuali con cui poter realizzare le compravendite Rent to Buy: quello messo a punto nel 2009, normato dal Codice Civile ed ampiamente collaudato, e quello messo a punto dal Governo italiano, normato dall’articolo 23 del Decreto Legge n. 133 del 12 Settembre 2014 (Sblocca Italia) convertito in legge n. 164 dell’ 11 Novembre 2014.

Disponendo di due ben distinte tipologie contrattuali è possibile oggi scegliere, caso per caso, quella che meglio si adatta alle esigenze della parti.

Per non generare confusione ho preferito attribuire alle due tipologie di contratto, due distinte definizioni: Rent to Buy Originale il modello messo a punto all’inizio del 2009 , e Rent to Buy con riscatto il modello varato dal Governo italiano alla fine del 2014 con il decreto legge “Sblocca Italia” , operativo solamente dal 2015.

Il Rent to Buy Originale trae spunto dal modello originale statunitense, mentre invece il Rent to Buy con riscatto trae spunto dall’affitto con riscatto, del quale però elimina le più importanti criticità.

IL “RENT TO BUY ORIGINALE”, NORMATO DAL  CODICE CIVILE, DIFFUSO E COLLAUDATO DAL 2009

Sotto il profilo contrattuale il Rent to Buy Originale si realizza con la stipula di due contratti tipici, previsti e regolamentati dal nostro Codice Civile e dalla disciplina sulle locazioni. Sono, e devono restare,due contratti autonomi tra loro collegati: il preliminare di compravendita ed il contratto di locazione.

Entrambi i contratti vengono ovviamente registrati presso l’Agenzia delle Entrate; è però opportuno che il preliminare venga anche trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari; la trascrizione, che può essere fatta solamente da un Notaio, rende il preliminare di compravendita opponibile nei confronti dei terzi e tutela quindi l’acquirente nei seguenti casi:

 1)  fallimento del venditore;
  2)  decesso del venditore;
  3) aggressione della proprietà del bene con ipoteca giudiziale o pignoramento.
Precisiamo che il Rent to Buy Originale non è la locazione con patto di futura vendita, con la quale qualcuno lo confonde. Da tale tipologia contrattuale atipica bisogna peraltro tenersi ben distanti dal momento che movimenta la fiscalità sulla vendita già alla stipula del contratto.

IL “RENT TO BUY CON RISCATTO”, NORMATO DAL  D. L. “SBOCCA ITALIA”

Sotto il profilo contrattuale il Rent to Buy con riscatto si realizza con la stipula di un contratto unitario a due fasi, denominato contratto di godimento in funzione della successiva alienazione dell’immobile, regolamentato dall’art. 23 del Decreto Legge “Sblocca Italia”, successivamente convertito in Legge 164/2014.

Per i motivi sopra esposti, nonché per obbligo di legge, deve anch’esso essere trascritto dal Notaio presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.

VEDIAMO DEGLI ESEMPI PRATICI

Prima di esporre degli esempi dobbiamo chiarire la principale differenza tra le due diverse tipologie contrattuali:

– nel Rent to Buy Originale è previsto un impegno all’acquisto ed il venditore può pertanto percepire una ragionevole caparra iniziale;

– nel Rent to Buy con riscatto è previsto semplicemente un diritto del conduttore ad acquistare, con conseguente impossibilità del venditore di percepire qualsiasi somma a titolo di caparra.

E’ bene precisare che in quest’ultima fattispecie contrattuale, qualora fosse prevista una caparra, il contratto risulterebbe atipico e quindi non più rientrante nella tipologia contrattuale tipizzata con l’art. 23. Da qui discenderebbe l’impossibilità per il notaio di ricevere l’atto al fine di trascriverlo, facendo così venire meno tutte le fondamentali garanzie per l’acquirente derivanti dalla trascrizione stessa.

 Inoltre, scivolando verso un contratto atipico, risulterebbe inapplicabile la regolamentazione fiscale prevista dalla Circolare 4/E del 19/02/2015 dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente esposizione del venditore al rischio di una maggiore tassazione.

La prassi è pertanto, nel Rent to Buy con riscatto, di “spalmare” la garanzia derivante dalla caparra inserendola nel “corrispettivo mensile per il godimento del bene” e più precisamente, all’interno dello stesso nella “componente da imputare a prezzo di vendita”.

Nell’esempio che segue troverete  pertanto evidenziata in verde la versione con il Rent to Buy Originale, con caparra iniziale, ed in nero la versione con il Rent to Buy con riscatto, senza caparra iniziale.

RENT TO BUY ORIGINALE:
Prezzo pattuito (bloccato per 3 anni) ……………  90.000 Euro
Caparra iniziale (5%) …………………………………… 4.500 Euro
Versamento mensile ………………………………………. 400 Euro (150 in affitto + 250 “salvati” come                                      acconto)
Accantonamento dopo 3 anni (15%)       ………. 13.500 Euro (4.500 caparra iniziale + 9.000                                                                                                                “salvati” in 3 anni) 
Importo da saldare al rogito (85%)   ……………. 76.500 Euro (mutuo con Banca a scelta dell’acquirente o altri proventi)

RENT TO BUY CON RISCATTO:
Prezzo pattuito (bloccato per 3 anni) …………… 90.000 Euro
Versamento mensile ……………………………………   525 Euro (150 per godimento + 375 “salvati” come acconto)
Accantonamento dopo 3 anni (15%) …………….13.500 Euro (375 x 36 “salvati” in 3 anni)
Importo da saldare al rogito (85%) …………….   76.500 Euro (mutuo con Banca a scelta dell’acquirente o altri proventi).
Notate come, per rendere le due operazioni perfettamente equivalenti sotto il profilo dell’equity
(capitale proprio dell’acquirente) la caparra iniziale di 4.500 Euro presente nel Rent to Buy Originale è stata “spalmata” in 36 rate da 125 Euro  che innalzano così, nel Rent to Buy con riscatto, l’esborso mensile da 400 a 525 Euro.

I VANTAGGI DEL “RENT TO BUY”

Oltre a creare un importantissimo accantonamento grazie alla parte di affitto (o corrispettivo per il godimento)“salvata” come acconto sul prezzo (1° effetto leva), il Rent to Buy consente anche di creare per l’acquirente uno storico di versamenti atto a dimostrare alla Banca il puntuale pagamento, durante il programma Rent to Buy, di un importo mensile leggermente superiore o pari alla rata del mutuo che si va a richiedere.

Il programma Rent to Buy crea quindi un cliente collaudato e con un rating eccellente: un soggetto ideale a cui la banca può concedere con tranquillità il mutuo anche senza far intervenire terzi soggetti come garanti. La fase di Rent to Buy potrebbe anche essere importante per poter comodamente accantonare la liquidità necessaria per affrontare tutti i costi che  questa metodologia consente di posticipare (2° effetto leva): istruttoria mutuo, perizia immobile, imposte, costi del rogito notarile, assicurazioni varie. Complessivamente circa il 8% del prezzo di compravendita.

E’ importante comprendere che, nel programma Rent to Buy, l’affitto (o il corrispettivo per il godimento) pagato non comporta in realtà un maggior costo rispetto all’acquisto con il metodo tradizionale: infatti, conti alla mano, accendere dopo 3 o più anni un mutuo o un leasing di importo inferiore può generare un risparmio sui costi del finanziamento anche doppio o triplo rispetto all’affitto (o al corrispettivo per il godimento) pagato al venditore.

Ecco perché il Rent to Buy rappresenta una leva finanziaria gratuita ed è, in qualsiasi caso,economicamente più conveniente rispetto all’acquisto tradizionale.

E’ ovviamente necessario personalizzare il Rent to Buy in modo che rimanga economicamente bilanciato tra le parti, anche al variare dell’importo della compravendita: ciò è importantissimo per sfruttare al massimo le sinergie che lo schema contrattuale genera tra acquirente e venditore, in una perfetta ed etica armonia basata sul principio Win-Win (Vincitore-Vincitore).

NON SOTTOVALUTARE I RISCHI DEL “RENT TO BUY”

Se pensi che il Rent to Buy sia semplicemente un contratto, sei già potenzialmente candidato ad entrare nel club di coloro che con il Rent to Buy “si sono fatti del male”.

Il Rent to Buy di leva finanziaria è in realtà un’operazione finalizzata a costruire la perfetta finanziabilità dell’acquirente da parte del mondo bancario: si regge pertanto su una corretta pianificazione dell’acquisto e sull’assistenza, in ogni fase, di un qualificato Consulente Finanziario.

Che tu sia l’acquirente o che tu sia il venditore, la questione non cambia: al termine del programma Rent to Buy il mutuo o il leasing deve assolutamente arrivare. Nell’interesse di tutti.
Non essere superficiale e non intraprendere questo percorso se non hai un reddito stabile su cui poter contare.

Se poi pensi che la contrattualistica Rent to Buy sia una cosa semplice da realizzare e che qualsiasi professionista, anche se non esperto in questa specifica materia, sia in grado di predisporla seguendo le indicazioni contenute nel manuale scaricato da internet: sei, invece, destinato ad entrare nel club di coloro che hanno pagato per fungere da cavia al professionista inesperto a cui si sono rivolti.

Per quanto concerne il Rent to Buy Originale, uno dei punti maggiormente delicati è costituito dalle clausole con cui vengono collegati tra di loro i due contratti. In assenza di collegamenti realizzati a regola d’arte, i rischi sono:

– scivolare verso uno schema contrattuale atipico, con tutte le conseguenze negative che ne deriverebbero in caso di contenzioso;

– movimentare la fiscalità sulla vendita già alla stipula dei contratti anziché al rogito notarile;

– non poter contare su tutti i paracadute e gli ammortizzatori da noi messi a punto per gestire, senza danno per le parti, eventuali situazioni critiche che si potrebbero verificare in caso di incidenti di percorso, dovuti ad eventi imprevisti e non dipendenti dalla volontà delle parti.

Per quanto concerne, invece, il Rent to Buy con riscatto, il principale rischio è quello di  stipulare un contratto che, non rispettando perfettamente quanto disposto dall’art. 23 della nuova legge, risulterebbe atipico e non beneficerebbe pertanto della grande tutela per l’acquirente derivante dalla trascrizione.

Parallelamente il venditore, venendo meno, in presenza di un contratto atipico, i benefici fiscali previsti dalla Circolare n. 4/E del 19/02/2015 della Agenzia delle Entrate, si vedrebbe costretto ad affrontare una tassazione decisamente superiore.

COME RICONOSCERE GLI INCOMPETENTI

Il primo segnale che potresti ricevere da un professionista che non è competente in questa materia è una frase del tipo “Il Rent to Buy è un contratto nuovo, non è ancora perfettamente regolamentato…”.

Se hai letto i contenuti dell’articolo, sai bene che il Rent to  Buy  è  perfettamente regolamentato, sia dal punto di vista giuridico, che da quello fiscale, ed in ben due diverse tipologie contrattuali.
E’ evidente che il tuo interlocutore non conosce adeguatamente la materia e pertanto, per non sfigurare, si arrampica sugli specchi.

Un secondo segnale dell’incompetenza del tuo interlocutore potrebbe essere costituito, nell’ambito di una compravendita che prevede una caparra confirmatoria iniziale, dall’intenzione di utilizzare un unico contratto.

Se il tuo professionista ha in mente il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione dell’immobile (Rent to Buy con riscatto), evidentemente non lo conosce bene e non sa che in quel contratto, non essendo previsto alcun obbligo di acquisto, non si può inserire la caparra.

Se, invece, il tuo professionista ha in mente un preliminare ad effetti anticipati, può certamente inserirvi una caparra, ma non ti sta proponendo il Rent to Buy, bensì, una tipologia contrattuale assai diversa ed assolutamente priva delle garanzie previste nell’autentico Rent to Buy.

Quando ti trovi davanti a questi palesi segnali di incompetenza, non indugiare: congedati diplomaticamente da queste persone. Non puoi affidare il tuo patrimonio (se devi vendere) o i tuoi risparmi (se devi acquistare) a dei soggetti che non hanno una minima padronanza della materia.

Non stupirti se le persone che manifesteranno la propria incompetenza sul Rent to Buy saranno,molto probabilmente, dei professionisti stimati o addirittura dei luminari in altre materie.
Essere incompetente in una specifica materia, non significa assolutamente essere una persona ignorante.

Soprattutto quando si tratta di una metodologia nuova ed ancora poco diffusa; è normale che la reale competenza non dipenda dal titolo posseduto da chi eroga la consulenza, ma dalla sua esperienza pratica e dalle scelta di essersi specializzato in quella specifica materia.

L’ASSISTENZA GRATUITA DOPO LA STIPULA DEI CONTRATTI

E’ sicuramente questa la miglior garanzia che un Consulente possa offrire ai propri Clienti: impegnarsi a restare a loro disposizione fino al completamento del processo di acquisto con il rogito notarile definitivo.

Noi abbiamo fatto nostro questo obbligo deontologico: restare a disposizione dei Clienti anche dopo la stipula dei contratti, pronti ad assisterli gratuitamente in caso di necessità  impreviste quali potrebbero essere, a mero titolo di esempio, la necessità di rivedere gli accordi tra le parti o la cessione della propria posizione contrattuale ad un nuovo soggetto subentrante.

Sappiamo come lavoriamo e non abbiamo alcun problema ad assumerci questo impegno. Siamo consapevoli della perfezione della contrattualistica che utilizziamo: accuratamente predisposta per affrontare qualsiasi evento imprevisto possa verificarsi.

Se troverai altri professionisti in grado di assisterti nella compravendita Rent to Buy, pretendi anche da loro la stessa garanzia. Li metterai così alla prova e capirai quanto si sentono sicuri delle loro reali competenze e della contrattualistica che utilizzano. 

LA SICUREZZA NELL’ACQUISTO CON IL RENT TO BUY

Se vuoi acquistare un immobile con il Rent to Buy, in piena sicurezza ed alle migliori condizioni di mercato, ci sono dei parametri che non devi mai perdere di vista:

1 – devi comprare l’immobile che risponde alle tue effettive esigenze, sia per caratteristiche tecniche che per ubicazione geografica: devi poter attingere alla più ampia gamma possibile di immobili disponibili sul mercato;

2 – devi pagarlo il giusto prezzo, ovvero senza alcuna maggiorazione rispetto a quanto l’avresti pagato acquistandolo con una compravendita tradizionale;

3 – devi acquistare avvalendoti di un contratto che ti tuteli al 100%, anche in caso di eventuali incidenti di percorso, che potrebbero accadere durante il programma Rent to Buy a te o al tuo venditore; non devi accettare passivamente i contratti predisposti dai consulenti del venditore (soprattutto se questo è un costruttore) e devi far valere il tuo diritto di stipulare un contratto registrato e soprattutto trascritto dal notaio di tua fiducia;

4 – il tuo Rent to Buy deve essere costruito alla luce di una corretta pianificazione finanziaria, perfettamente studiata per allinearti ai parametri previsti dal mondo bancario per la concessione del mutuo;

5 – devi avere la certezza di ottenere il mutuo al termine del programma Rent to Buy: devi poter contare, all’occorrenza, sull’assistenza di un qualificato Consulente finanziario, convenzionato con molti istituti di credito;

6 – una volta che avrai individuato l’immobile idoneo alle tue esigenze e ne avrai concordato il giusto prezzo, devi poter contare sull’ aiuto di un professionista competente e preparato per spiegare il Rent to Buy al venditore, in modo corretto ed esauriente, al fine di risolvere tutti i suoi comprensibili dubbi verso una metodologia per lui nuova.

Se pensi di raggiungere il TUO obiettivo rivolgendoti alle Agenzie Immobiliari tradizionali incorrerai inevitabilmente in delle spiacevoli delusioni. Scoprirai che sono veramente rari gli Agenti Immobiliari preparati a gestire la compravendita Rent to Buy: tutti gli altri, oltre ad essere impreparati, non ne hanno proprio la cultura.

Gli Agenti Immobiliari tradizionali, FORSE, conoscono solamente il Rent to Buy con riscatto, ovvero quello normato dall’art. 23 del Decreto Legge “Sblocca Italia”. E qui sorge un’altro problema, che capirai osservando la seguente tabella comparativa.

Avrai sicuramente notato che nel Rent to Buy con riscatto del Decreto Legge “Sblocca Italia” non è previsto un impegno all’acquisto, ma solamente un diritto del conduttore ad acquistare.

Ciò non produce per l’Agente Immobiliare la possibilità di percepire la commissione sulla vendita già alla stipula del contratto, ma solamente al rogito definitivo, che avverrà entro il termine della durata contrattuale prevista.

Al momento della stipula del contratto l’Agente Immobiliare si deve accontentare di percepire, da ciascuna delle parti, una commissione pari ad una mensilità del canone di godimento previsto dal contratto. Ecco perché, non conoscendo il Rent to Buy Originale, che consente invece all’Agente Immobiliare di percepire subito la commissione sulla vendita, molti Agenti Immobiliari sono ostili al Rent to Buy.

Quasi tutti cercheranno di scoraggiarti. Qualcuno ti dirà addirittura che gli immobili vendibili con il Rent to Buy costano di più o che con il Rent to Buy il prezzo non è trattabile. Sono tutte fandonie  e sono semplicemente il frutto della “non cultura” sul Rent to Buy.

Escluse  poche Agenzie, tutte le altre ti diranno sempre che il Rent to Buy è una formula troppo complicata e non funziona. Così infatti è per loro, proprio perché sono impreparate a gestire questo tipo di compravendita: ma non è certo così per noi che siamo gli Specialisti del Rent to Buy.

Non preoccuparti se finora hai ottenuto dei “rimbalzi”: adesso sei arrivato nel posto giusto!
Tramite questo sito, potrai entrare in contatto con un professionista preparato e strutturato per poterti veramente aiutare.

Finalmente hai trovato lo Specialista Rent to Buy  che opera nella tua zona!

Incontralo subito: la sua consulenza informativa è assolutamente gratuita e ti consentirà di muoverti da subito in modo corretto, evitando quei tipici errori che potrebbero portati a non acquistare l’immobile al miglior prezzo di mercato o, addirittura, a compromettere irreparabilmente la positiva conclusione della trattativa.

Incontrandoti con uno dei nostri Consulenti potrai innanzi tutto conoscere nel dettaglio tutte le caratteristiche delle due diverse tipologie contrattuali con cui possiamo realizzare il tuo programma Rent to Buy: è opportuno che tu le comprenda entrambe per capire quale delle due sia la più appropriata alla luce della tua personale situazione finanziaria.

Il tuo Consulente ti aiuterà, inoltre, a pianificare con precisione l’investimento, aiutandoti a valutare accuratamente il tuo budget massimo di spesa.

Una volta pianificati tutti gli aspetti finanziari potrai tranquillamente decidere se affidarti a noi solamente per l’assistenza nella compravendita Rent to Buy oppure anche per la ricerca dell’immobile. Per questa seconda ipotesi lo Specialista Rent to Buy  inizierà la ricerca della tua casa ideale utilizzando le efficientissime metodologie di cui noi disponiamo!

Ora, dopo tutti questi miei consigli, sai come agire per acquistare la Casa dei tuoi sogni !

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 Elena & Nicola

Troverai sempre quello che cerchi su:

www.venditacasafacile.it

 

Denaro al sicuro se affidato al Notaio?

Deposito prezzo dal notaio, anche per i vecchi accordi, come funziona?

La legge sulla Concorrenza N.124/2017 ha predisposto il cosiddetto “deposito prezzo dal notaio”, legge regolata dall’ art. 1, comma, 63 e seguenti. Una norma secondo la quale, quando avviene la compravendita, il denaro va al notaio fino al momento della trascrizione della vendita e, quindi, fino al definitivo passaggio di proprietà.

Ma vediamo come funziona il meccanismo:

Secondo quanto stabilito dalla legge sulla Concorrenza, al momento dell’acquisto, tutte le somme corrisposte dall’acquirente al venditore o a titolo di pagamento delle imposte, devono confluire su un apposito conto del notaio.

In particolare, la normativa stabilisce che:

  1. il notaio deve avere un conto corrente dedicato sul quale far confluire il denaro ricevuto dai clienti per il pagamento delle imposte dovute per l’acquisto di casa o altri immobili; il notaio viene fatto divieto di lucrare sugli interessi che quel conto corrente nel frattempo produce; il notaio inoltre non può utilizzare tali importi per fini differenti se non per il versamento delle tasse;
  2. sul predetto conto corrente devono affluire anche tutte le somme che il notaio sia incaricato di custodire;
  3. se il notaio è debitore di qualcuno, i relativi creditori non possono pignorare i soldi depositati su tale conto corrente;
  4. se il notaio muore tali soldi non vanno a finire ai suoi eredi;
  5. se il notaio è sposato tali soldi non entrano nel regime di comunione dei beni con il coniuge;
  6. il notaio non può rifiutarsi di custodire e tenere in deposito il saldo del prezzo che l’acquirente deve corrispondere al venditore fino a quando non sia eseguita la formalità della trascrizione della vendita immobiliare: è solo da questo momento, infatti, che il compratore acquisisce la definitiva certezza che l’acquisto si è perfezionato senza problemi e, quindi, che sul bene venduto non vi sono pesi come ipoteche giudiziali, sequestri, pignoramenti, domande giudiziali, ecc.;
  7. le parti possono affidare al notaio il deposito delle somme necessarie a estinguere eventuali passività gravanti sul venditore; si pensi al tipico caso della vendita di una casa acquistata con un mutuo ancora in corso di ammortamento: l’acquirente versa l’intero corrispettivo dimodoché una parte di questo venga girato alla banca per l’estinzione del debito e la cancellazione dell’ipoteca.

La normativa ha effetto retroattivo, questo vuol dire che si applica anche ai compromessi (preliminari di compravendita) stipulati prima del 29 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge sulla Concorrenza.

Quindi, secondo quanto previsto dalla “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, le parti o anche una di loro potrà richiedere al notaio di aderire al deposito del prezzo: in questo caso – il pubblico ufficiale – al momento del trasferimento immobiliare, tratterrà la somma pattuita per la compravendita e la depositerà su un apposito conto corrente, fino alla trascrizione del trasferimento dell’immobile.

Evidentemente la legge 124/2017 costituisce una specie di “rivoluzione copernicana” nella contrattazione riguardante immobili e aziende, ma sarà prevedibile che non pochi problemi, sorgeranno nel primo periodo di applicazione della nuova normativa.

Riguardo i contratti preliminari stipulati prima del 29 agosto (data di entrata in vigore della legge 124/2017), ci saranno inevitabili conflitti tra gli acquirenti che chiederanno il deposito del prezzo al notaio e i venditori che sosterranno l’inapplicabilità retroattiva delle nuove norme alle contrattazioni nate prima della legge.

La tesi della derogabilità, di questa normativa in sede di contrattazione preliminare, senz’altro sarà avanzata con forza da molti operatori immobiliari, notai compresi, che daranno maggior rilievo al fastidio e alla complessità, rispetto a un lungimirante favore per la massima trasparenza possibile del mercato.

Viceversa, per altri, sarà auspicabile che, la legge 124/2017, sia qualificata come norma inderogabile perché appartenente al cosiddetto ordine pubblico di protezione, finalizzata a tutelare il contraente – reso debole –  dal sistema della pubblicità immobiliare, il quale per far funzionare la contrattazione nel suo complesso, giustamente, sconta il rischio dell’incertezza in cui ci si trova nel periodo compreso dal momento dell’ultima ispezione dei Registri immobiliari, fino al momento della trascrizione.

D’altronde, se l’acquirente potesse  rinunciare a questa protezione, patteggiando in fase di preliminare di vendita, non solo  rinuncerebbe al deposito del prezzo, ma diventerebbe immediatamente una “clausola di stile” della contrattazione preliminare e, paradossalmente, impatterebbe solo sugli sfortunati che andranno a stipulare “a cavallo” dell’entrata in vigore della legge 124/2017.

Patteggiare il deposito prezzo si è sempre potuto fare, anche prima della legge 124/2017, ma non si è mai fatto, poiché nessun venditore l’avrebbe consentito; Ora, invece, è bene convincersi che il legislatore ha voluto uno scenario più corretto e più civile.

Naturalmente, come potete intuire, si sono generate due correnti di pensiero che animano le discussioni su questa legge, una pro e una contro :

quelli pro – ossia che il capitale per la vendita, debba rimanere depositato sul conto corrente del notaio, fino all’effettivo passaggio di proprietà- sostengono che: se stai per fare uno dei passi più importanti e decisivi della tua vita ( ad esempio ): l’acquisto di una casa. il denaro andrà al notaio fino al momento della trascrizione della vendita e, quindi, fino al definitivo passaggio di proprietà.

In questo modo, se qualcosa dovesse andare storto, tu potresti recuperare in qualsiasi momento la somma versata, dato che la stessa, viene conservata sul conto del professionista sino a che il trasferimento della proprietà non avviene regolarmente e senza intoppi.

Ma pensa a cosa potrebbe succedere se, una volta consegnati gli assegni o eseguito il bonifico al venditore, il notaio dovesse accorgersi -nel successivo momento, in cui esegue la trascrizione dell’atto nei pubblici registri – che sulla casa è stata, nel frattempo, iscritta un’ipoteca o avviato un pignoramento.

Potrebbe essere difficile recuperare il prezzo e saresti costretto ad avviare una causa. Ed è per evitare questi problemi che la legge sulla concorrenza, di recente approvata dal Parlamento, ha predisposto delle norme a tutela dell’acquirente.

 Quelli Contro sostengono che: Il deposito del prezzo al notaio è da attribuire alla già nutrita schiera delle leggi inutili e dannose varate per il nostro settore. La legge crea una disparità fortissima tra le parti –  che fino ad oggi erano bilanciate e tutelate – mentre ora, il venditore, diventa parte debole del contratto.

Inoltre, la sua applicazione creerà notevoli problemi a quei venditori, che intendono vendere la propria abitazione per comprarne subito un’altra: sarà quasi impossibile per chi vende casa impegnarsi all’acquisto di una nuova abitazione, non potendo contare sulla liquidità proveniente dalla vendita del proprio immobile.

Oltre a ciò, è INAMMISSIBILE, il fatto che gli interessi maturati sul conto corrente del notaio, piuttosto che essere restituiti al venditore, vengano trattenuti dallo Stato, che di fatto ha varato una nuova tassa sulla proprietà immobiliare.

Naturalmente, come agente immobiliare mi sono interrogato su quante volte  è capitato, in 38 anni di carriera, che alla trascrizione di un atto, il notaio abbia trovato delle sorprese e che quindi, l’acquirente abbia rischiato i suoi risparmi; risposta: nessuna.

Non per essere malizioso, ma si sa: “ l’occasione fa l’uomo ladro”. Quindi, sinceramente, quanti di voi avrebbero abbastanza fiducia, da lasciare i propri risparmi sul conto ad una persona, seppur pubblico ufficiale?

Ed ancora, i proprietari di case saranno disposti a consegnare le chiavi al rogito sapendo che i soldini li prenderanno dopo circa un mese se tutto va bene ? Chi garantisce loro che il pubblico ufficiale non “scappi” con i soldi , gabbando venditore ed acquirente ?

E soprattutto, le Banche quali atteggiamenti avranno a riguardo la messa a disposizione degli importi concessi come mutuo? Saranno ancora disponibili ad erogare contestualmente al rogito?

Sicuramente questo sarà uno dei prossimi temi trattati.

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fateci sapere cosa ne pensate!

 

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 

 Elena & Nicola

Il Contratto Preliminare di Compravendita

Il contatto preliminare di compravendita, o più genericamente detto in modo improprio “compromesso”, è un contatto che obbliga entrambe le parti alla stipula del contratto definitivo o rogito. Il rogito non è altro che un atto pubblico redatto da un Notaio. Nel compromesso devono essere indicate in modo chiaro:

– le generalità dei venditori e degli acquirenti;

– le caratteristiche dell’immobile;

– i dati catastali dell’immobile, il costo;

– le modalità di pagamento;

– la data di consegna dell’immobile;

– la data di stipula del rogito e il nominativo del Notaio rogante, che ,di solito, viene scelto dall’acquirente.

Inoltre, nel contatto preliminare di compravendita viene indicato  che l’immobile sarà venduto libero: da ipoteche, vincolo e gravami e regolare sotto il profilo urbanistico/catastale, in regola con i pagamenti delle spese condominiali sia ordinarie che straordinarie.

Viene anche indicato, solitamente, se gli impianti elettrici ed idraulici sono a norma e, se lo sono, vengono fatti visionare all’acquirente come pure il certificato energetico o APE.

Dunque, il contratto preliminare di compravendita o compromesso non serve al trasferimento della proprietà, anche dopo la stipula, il titolare dell’immobile rimane il venditore. La sua funzione è solo quella di obbligare le parti ad acquistare (la parte acquirente ) e vendere (la parte venditrice).

Dopo la firma non si può più venir meno a questo obbligo.

In poche parole, il compromesso serve proprio ad evitare il ripensamento di una delle parti e a fissare i termini e le condizioni delle successiva vendita. Se il venditore a l’acquirente non rispettano gli impegni presi, la legge prevede specifiche e gravi conseguenze, ma nello specifico ne parleremo in altre occasioni sul Blog.

 

In tanti mi chiedono: ma come si redige un compromesso?

 

La legge prevede che il compromesso sia redatto in forma scritta. Non è possibile, pertanto, un preliminare verbale. La stretta di mano non implica nessun obbligo. Per avere effetto, quindi, l’accordo deve risultare su carta, scritto a mano o al computer non ha importanza e riportare le firme autografe delle parti. È importante che firmino i titolari del bene promesso in vendita, perciò attenti anche alle comunioni dei beni. Se uno dei due coniugi è in comunione dei beni, dovrà firmare anche l’altro coniuge.

Non è obbligatorio stipularlo dal Notaio, infatti, non richiede: la forma dell’atto pubblico,
il pagamento dell’imposta di registro e la trascrizione nei pubblici registri.
Come vedremo più avanti, ci si può limitare alla registrazione presso l’Agenzia delle Entrate.

Affronteremo anche i casi in cui, invece, conviene trascrivere un compromesso e chi lo dovrà redigere. In altre parole, ci si può limitare a stilare un compromesso, redatto di proprio pugno senza bisogno dell’assistenza di un professionista.

Il compromesso redatto da un Agente immobiliare professionista ha, tuttavia, degli indubbi vantaggi, che strada facendo imparerete ad apprezzare.

Il documento scritto per eccellenza tra privati è la “scrittura privata”: con questo termine si intende un comunissimo contratto stilato dalle parti di comune accordo, senza bisogno, dell’intervento di un professionista, munito di data e firma.

Altra domanda frequente è : il compromesso deve essere registrato ?

Certo! Va assolutamente registrato: la registrazione è sempre stata obbligatoria, negli ultimi anni la legge ha posto a carico degli agenti immobiliari la responsabilità solidale della registrazione.
In passato per l’Agenzia delle Entrate, non era semplice verificare se prima della stipula del rogito c’era stato un compromesso, in quanto non veniva specificato dal Notaio come erano avvenuti i pagamenti; Oggi il Notaio deve specificare nel rogito:

gli estremi di pagamento del prezzo, le date dei versamenti e a che titolo sono state versate, per cui è molto semplice capire, da parte dell’Agenzia delle Entrate, se c’è stato un compromesso antecedente al rogito.

Di conseguenza, se c’è stato un versamento di un assegno da parte dell’acquirente a favore del venditore antecedente al rogito, è sicuramente stato stipulato un compromesso, nessuno verserebbe mai un assegno senza una scrittura che lo garantisca.

Il compromesso è un atto privato valido a prescindere dalla registrazione, diciamo che con la registrazione si ha anche, giuridicamente, la data certa del documento.
La registrazione, quindi, in realtà è un adempimento fiscale.

La registrazione va fatta entro 20 gg. dalla firma del compromesso presso l’Agenzia delle Entrate. L’imposta di registro va versata in misura fissa di euro 200,00, in presenza di caparra sarà necessario versare un’imposta proporzionale al 0,50% dell’importo di caparra. Se vi è anche una corresponsione di  acconto prezzo, sarà necessario versare un’ ulteriore imposizione pari al 3% dell’acconto, con il minimo di euro 200,00 con decorrenza 1° gennaio 2014.

Le imposte pagate in sede di registrazione del compromesso si dovranno poi detrarre dall’imposta proporzionale dovuta per la registrazione del contratto definitivo, cioè del rogito notarile. Per i contatti soggetti ad IVA le imposte dovute sono diverse ma di questo ne parleremo quando tratteremo le nuove costruzioni.

 Cosa  succede se il compromesso trascritto non viene eseguito?

La trascrizione:

la trascrizione è una forma di tutela molto importante per colui che intende acquistare; il nostro ordinamento, art. 2645-bis del C.C., contempla la possibilità che il compromesso possa essere trascritto nei Registri immobiliari. Nei Pubblici Registri sono inseriti tutti gli atti che hanno ad oggetto beni immobili quali, ad esempio: compravendite, iscrizione ipotecarie, pignoramenti, donazioni, ecc.
Per essere trascritto il compromesso è necessario che sia redatto da un Notaio in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Una volta trascritto il compromesso, qualsiasi altra operazione trascritta successivamente che riguarda il bene in questione non avrà effetto nei confronti dell’acquirente. La trascrizione ha, inoltre, un effetto prenotativo, e cioè che, quando si otterrà il trasferimento definitivo, anche per via giudiziale, gli effetti del trasferimento retroagiranno alla data della trascrizione del compromesso.

Attenzione però: gli effetti della trascrizione del compromesso cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno della data convenuta tra le parti per la conclusione del contatto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del compromesso o della domanda giudiziale di cui all’art. 2932 del codice civile, cioè ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.

Oltre all’esecuzione del contratto, si può chiedere anche la risoluzione del contratto, quindi rimedio che va nella direzione opposta alla prima, sempre che l’inadempimento sia grave.
Il nostro ordinamento giuridico, art. 1453 C.C. consente di sciogliersi dal contratto per mezzo di una pronuncia del giudice che sancirà, la risoluzione del contratto. Qualora si arriva ad una risoluzione di contratto ma, sia stata versata una caparra confirmatoria art. 1385 C.C. , la parte adempiente potrà dichiarare di recedere e chiedere la restituzione del doppio della caparra, se è la parte che l’ha data, o trattenerla, se è la parte che l’ha ricevuta. Nel primo caso, molto probabilmente, sarà necessario agire in giudizio per ottenere la condanna al pagamento del doppio della caparra.

Quidi, la trascrizione del compromesso è cancellabile sia in caso di accordo delle parti, sia se stabilito giudizialmente con sentenza passata in giudicato.

Riepilogando le tutele per il caso di inadempimento sono:

  • L’acquirente può vantare un privilegio per la restituzione del prezzo pagato, svincolarsi dal contratto, risolvere il contratto, oppure chiedere il trasferimento coattivo del bene.
  • Il venditore può scegliere tra svincolarsi dal contratto, risolvere il contratto, oppure trasferire coattivamente la proprietà. In entrambi i casi si deve arrivare alla sentenza del Giudice.

 

DIFFIDATE sempre degli agenti immobiliari faciloni. Le cose vanno fatte bene fin da subito e in modo chiaro, le facilonerie sono le più grandi carognate che si possono fare nel settore immobiliare e che danno origine a litigi, cause infinite e perdite di tempo oltre che di denaro.

DIFFIDATE da chi vi dice il contrario  e andate a trovarvi Subito un consulente specializzato nel vendere case che, vi garantisce un acquisto o una vendita in tutta serenità e tranquillità.

 

A presto, mi raccomando: continuate a seguirci! E, soprattutto, fatemi sapere cosa ne pensate!

Noi siamo qui.

Un abbraccio virtuale a tutti.

 

Elena & Nicola